venerdì 27 febbraio 2015

Le piante geneticamente modificate (PGM) sono un pericolo?


di Amedeo Alpi






Il prof. Rugini accanto alle sue  PGM messe al " ROGO"
Non c’è ragione per la quale gli scienziati della genetica vegetale debbano assistere impotenti ai divieti ai quali la loro attività di ricerca sulla modificazione genetica delle piante viene sottoposta. Troppo tempo hanno in silenzio subìto ed è ora che la loro voce sia ascoltata.
Una normativa dell’Unione Europea lascia la scelta agli stati membri di regolare la materia della coltivazione di piante geneticamente modificate nel loro territorio. In Italia il Consiglio di Stato coglie l’occasione per ogni divieto in materia: proibito ricercare, proibito produrre. Tutto questo ora, in queste settimane, mentre da vent’anni le piante transgeniche sono coltivate su scala mondiale in maniera crescente: poco meno di 200 milioni di ettari, ben oltre il 10% delle superfici coltivate del pianeta, vengono ormai destinati annualmente a Piante Geneticamente Modificate, PGM. E questo mentre noi stessi ci nutriamo con derivati da piante GM o di animali che si sono nutriti a loro volta di piante e mangimi GM. Slogan come “accettazione del principio di precauzione” vengono portati a premessa di distruzione delle piante nei campi nei quali si sperimenta (è recente l’abbattimento di piante transgeniche presso l’Università della Tuscia). Questo mentre in tutto il mondo specie più resistenti ai parassiti, meno bisognose d’acqua aprono una concreta possibilità agli affamati e ai denutriti del pianeta.

Ma se noi ricercatori insistiamo nella convinzione che si debba mettere al centro delle nostre riflessioni la coltivazione delle piante e non la ricerca, ciò si basa sulla constatazione che, una volta ottenuto, ma siamo ben lontani, il riconoscimento della libertà di ricerca, sarà durissimo il percorso per l'approvazione delle piante GM in agricoltura. Non possiamo limitarci a chiedere per l'Italia il rispetto per il ruolo della scienza su di un argomento che ha già avuto, nel mondo, un enorme impatto applicativo.
Da ricercatori vogliamo ricordare che da sempre la natura viene studiata per conoscerne le regole ed utilizzarle per il progresso dell’umanità. Le modifiche basate sul trasferimento dei geni sono all’interno di questo continuo processo.
Partiamo dal confutare alcuni argomenti usati dagli oppositori delle PGM.
Primo argomento: l’asservimento alle multinazionali.
Le piante GM oggi coltivate nel mondo si propagano per seme ed i semi GM sono stati ottenuti da alcune multinazionali. E' ovvio che la forte opposizione alle "multinazionali" in quanto detentrici dei diritti delle varietà coltivate, in virtù dei quali si fanno pagare prezzi elevati agli agricoltori che vogliono coltivarle, denuncia un atteggiamento contrario alle innovazioni. Non si accetta che vi sia un ruolo "terzo" da parte di chi si specializza nella produzione del materiale di partenza (semi, tuberi, bulbi, etc.) ma anzi, rispolverando Lysenko, si ritiene il coltivatore l'unico soggetto accreditato alla proprietà totale della specie che alleva. Questa battaglia che, apparentemente, è a favore dell'agricoltore, può essere fatta in altra maniera, più consona ad un mondo che deve alimentare oltre 7 miliardi di persone. L'obiettivo è di salvare l'innovazione in agricoltura che richiede mezzi finanziari, tecnici e umani di notevole dimensione. D’altra parte l’opposizione alle multinazionali si fa scendendo su di un piano competitivo mettendo a punto tecnologie nuove come stanno facendo Cina e Brasile.
Un secondo argomento degli oppositori è costituito dal principio di precauzione. Applicato al settore degli OGM nulla ha a che vedere con la ricerca scientifica in questo ambito; tale principio è estraneo anche alla coltivazione delle PGM visto che si fa ormai da poco meno di un ventennio senza che nessuna di esse abbia causato problemi quantitativamente e qualitativamente diversi da quelli generati dalle comuni varietà ottenute con metodiche genetiche tradizionali.
Il terzo argomento portato dagli oppositori vede la scienza assurdamente chiamata al banco degli accusati. Sarebbe essa falsamente neutrale nello scontro fra opposte opinioni. La scienza sarebbe non solo alleata alle multinazionali e nemica del cibo, ma sarebbe responsabile della “profanazione della sacralità” del cibo stesso. Occorre tuttavia avere la precisa consapevolezza che il centro dello scontro tra le opposte opinioni, non è la scienza, ma esso è rappresentato appunto dalla sua "sacralità" profanata da vari "stregoni". Ma la biotecnologia può essere invece di grande utilità. Un solo esempio: in questi giorni è stato pubblicato un lavoro, su Plant and Cell Physiology da parte di un gruppo dell'Università di Lund, concernente l'individuazione nella barbabietola da zucchero di una emoglobina non-simbiotica, molto simile all'emoglobina umana. Oltre al dato interessante in termini di fisiologia/biochimica delle piante si potrebbero aprire prospettive biotecnologiche interessanti: C’è da scommettere che l'opposizione sarà forte anche in questo caso, e tale da indurre la politica ad intervenire con l'ennesimo blocco.
Nella imponente letteratura scientifica orientata all'impatto degli OGM troviamo numerose e consistenti affermazioni circa l'assenza di danni e, al contrario, molte affermazioni circa la loro positività. Una recente ricerca esamina 150 pubblicazioni riferite alle varie aree del mondo dove si coltivano piante GM. I risultati confermano una riduzione del 37% per l'uso degli insetticidi, un aumento medio delle produzioni del 22% e un aumento del 68% dei profitti degli agricoltori. I risultati sono maggiori per le specie trasformate con caratteri di resistenza agli insetti rispetto a quelle modificate per la resistenza agli erbicidi. Sia le produzioni che i guadagni degli agricoltori sono maggiori nei paesi in via di sviluppo rispetto ai paesi industrializzati. Questa ricerca potrebbe anche chiudere il lungo dibattito sulle PGM, ma non sarà così. Ad esempio i paesi in via di sviluppo potrebbero anche coltivare le piante GM, ma non lo fanno perché avrebbero forti ostacoli all'esportazione, principalmente nella Unione Europea.
Infine restano da esaminare aspetti di normativa e di comunicazione nei media sul tema.
Anche una semplice elencazione delle normative italiane ed europee in materia richiederebbe una trattazione lunga e assai specialistica tale da rendere necessario il contributo di giuristi nell’interpretazione. Si ricorda comunque che gli alimenti modificati possono essere autorizzati nell'Unione Europea dopo aver superato una rigorosa valutazione della loro sicurezza e nel Gennaio 2002 è stata istituita l'EFSA (Agenzia Europea per la Sicurezza Alimentare) incaricata della valutazione del rischio e, quindi, di elaborare pareri scientifici per la Commissione, il Parlamento Europeo e gli Stati Membri dell' Unione. Le valutazioni degli OGM da parte dell’EFSA sono effettuate sulla base dei fascicoli scientifici presentati dai richiedenti e su qualsiasi altra informazione scientifica di pertinenza. Tuttavia dagli ultimi regolamenti e direttive appare evidente una continua "escalation" finalizzata ad una chiara "conventio ad prohibendum".
Sulla comunicazione nei media si può dire che è difficile fare fronte all'enorme quantità di informazione disponibile sugli OGM, tanto da auspicare una "ecologia dell'informazione". Ma è doveroso ricordare che si sta etichettando un procedimento, non un prodotto. E qui si dovrebbe aprire un dibattito serio sui fondamenti del diritto e sulla liceità di brevettare la natura.
Portiamoci ad una conclusione. Nonostante il pessimismo diffuso dalle recenti decisioni della politica nazionale ed europea, la comunità scientifica continua a credere nella sopravvivenza di una qualche razionalità. A conforto di tale speranza si registrano, negli ultimi tempi, numerose dichiarazioni in favore della ricerca sulle PGM, come pure per il loro uso in agricoltura. Fra le più significative la dichiarazione dell' EASAC (European Academies Science Advisory Council, voce dell'intera comunità scientifica europea), un documento di 20 eminenti scienziati europei di Biologia molecolare delle piante, vari documenti della comunità scientifica italiana, ed infine la recente presa di posizione della senatrice a vita Elena Cattaneo.
Un documento è in preparazione nel Centro per l’Ambiente Marini Bettolo dell’Accademia Nazionale delle Scienze, detta dei XV., dl quale queste considerazioni vogliono essere un’anticipazione.
L’Europa dovrà ragionare oltre che su fattori commerciali ed emozioni anche sui risultati delle ricerche, bandendo finalmente infondate paure.
 
 
 
 
Amedeo Alpi 
Docente all' Università di Pisa, già preside della Facoltà di Agraria dello stesso ateneo. E' Membro dell Accademia dei Georgofili (Fi), dell'Accademia Nazionale dell'Agricoltura (Bo) e dell'Accademia  Nazionale delle Scienze detta XL.


1 commento:

  1. Una autorevolissima voce della nostra comunità scientifica contro l'imperante oscurantismo dei nostri tempi

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