mercoledì 11 novembre 2015

Lo scontro Lactalis - Coldiretti

di Luigi Mariani

 
Moncalvo-Coldiretti
Sul caso dei Coldiretti che protestano da giorni davanti allo stabilimento della Lactalis, il messaggio che passa sui media di stato è quello dettato dalla Coldiretti stessa e che si riassume in questa dichiarazione del presidente Moncalvo: "L’industria non può pensare di andare avanti acquistando materie prime all’estero a prezzo tedesco (cioè basso) e rivendere prodotti finiti a prezzi italiani (cioè elevati). Questa è speculazione. Chiediamo quindi la definizione di un prezzo del latte che sia davvero remunerativo per gli allevatori, chiediamo una moratoria alle campagne di sottocosto su formaggi e latticini della grande distribuzione, chiediamo l’etichettatura di origine per i prodotti lattiero caseari e il latte Uht»."

Si tratta di un messaggio condiviso dalle altre organizzazioni professionali (CIA e Confagricoltura) e “benedetto" dalle autorità regionali e dallo stesso Governo nazionale per bocca del Ministro delle Politiche Agricole, che partecipa alle manifestazioni di protesta.
Si noti che il messaggio del presidente di Coldiretti parte da due presupposti: il primo, vero, secondo cui il latte tedesco costa meno di quello italiano e il secondo, falso, secondo cui il latte italiano sarebbe di qualità superiore a quello tedesco. Ma se quest'ultimo presupposto è falso occorrerebbe interrogarsi (cosa che il presidente Moncalvo si guarda bene dal fare) sul perché il consumatore italiano dovrebbe pagare di più un prodotto lattiero caseario solo perché di origine italiana.
Entrando più in dettaglio sulla questione si deve precisare, come fa Roberto Iotti sul Sole 24 ore dell'8 novembre, che l’Italia ha costi di produzione che sono più alti sia rispetto ai Paesi europei nuovi (Polonia, Lituania, Romania) sia rispetto a quelli vecchi (Francia e Germania in primis). Inoltre il latte nazionale è per circa la metà destinato alla produzione di formaggi Dop e al consumo fresco, destinazioni che sono in sofferenza sia per il calo dei consumi di latte fresco sia per il calo delle vendite e dei prezzi al consumo di Grana Padano e Parmigiano Reggiano. A crescere alla grande sono invece le vendite di derivati del latte quali yogurt, fiocchi, formaggi freschi, ecc., per cui ogni giorno il catalogo delle industrie si arricchisce di nuovi prodotti e per approvvigionare le linee produttive dei derivati del latte l’industria va dove la materia prima, a parità di qualità, ha prezzi migliori e dunque fuori d'Italia.
 Proprio questo quadro congiunturale dovrebbe spingere le autorità di governo e le stesse organizzazioni degli agricoltori ad andare oltre la retorica della "sacrosanta protesta" per interrogarsi sul perché i costi di produzione delle nostre aziende zootecniche da latte sono superiori a quelli dei nostri competitori europei. Sarà forse per la forte dipendenza dall'estero della nostra industria mangimistica (oggi siamo costretti ad importare il 35% dei concentrati) o per i più elevati costi di produzione dei nostri foraggi, gravati anche dai ricorrenti problemi di tossine da funghi?
Comunque sia, penso che una volta stabilite le cause del gap, il nostro governo dovrebbe pensare a rimedi strutturali seri, in assenza dei quali le cose non potranno che andare di male in peggio per la nostra zootecnia da latte, proprio in virtù della libera circolazione delle merci, latte e derivati inclusi, che anche a tutela del consumatore è oggi garantita dai trattati europei.

 
 
Luigi Mariani
Docente di Storia dell' Agricoltura Università degli Studi di Milano-Disaa,  condirettore del Museo Lombardo di Storia dell'Agricoltura di Sant'Angelo Lodigiano. E' stato anche Docente  di Agrometeorologia e Agronomia nello stesso Ateneo  e Presidente dell’Associazione Italiana di Agrometeorologia

2 commenti:

  1. Concordo in pieno.

    Sergio Salvi

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  2. In altro blog ho letto un commento che dovrebbe essere letto e meditato da Moncalvo e dal ministro. Lo riporto nella sua integralità:
    MbianchessiNo Gravatar scrive:
    09 Nov 2015 alle 21:46
    La settimana scorsa alla fiera del bovino da latte a Cremona, ho assistito ad una tavola rotonda tra allevatori in un convegno organizzato dal CLAL. C’erano 1 americano, 2 olandesi e qualche italiano. Gli italiani chiedono agli olandesi: “come fate a far quadrare i conti con il prezzo del latte in Olanda a 29 cent al litro nel migliore dei casi?” Gli olandesi chiedono agli italiani: “Come fate voi in Italia a non guadagnare con il prezzo del latte nel peggiore dei casi a 34 cent al litro?” Ognuno ne tragga le conclusioni che vuole!

    Credo che calzi a pennello.

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