sabato 12 dicembre 2015

Le leggende metropolitane sul miglioramento delle piante coltivate - terza puntata

di Alberto Guidorzi


Le piante che coltiviamo oggi consumano relativamente più nutrienti?



Ciclo biogeochimico dell'azoto
E’ pacifico che le varietà delle piante che coltiviamo oggi, per il fatto di produrre più sostanza secca (s.s.), debbano assorbire più sostanze nutrienti. Si tratta qui di stabilire se il consumo di nutrienti per unità di sostanza secca prodotta sia più o meno rilevante oggi rispetto a ieri. Per rispondere a questa domanda si prende in considerazione l’azoto (N) in quanto è l’elemento essenziale alla vita e non è presente naturalmente nel terreno come lo sono il fosforo, il potassio ed i microelementi, o meglio, lo è nella misura in cui lo si capti dalla riserva inesauribile che è l’atmosfera che ci circonda. La capacità da captare l’N è propria di alcune piante e dell’uomo: le prime, grazie ad una simbiosi stabilita con certi batteri, ed il secondo per mezzo di processi industriali che sono molto golosi di energia (anche se negli ultimi decenni l’efficienza dei processi stessi è stata aumentata moltissimo). 
Affinché sia resa più esplicita l’importanza dell’azoto in agricoltura si veda la graduatoria degli elementi chimici presenti nella sostanza secca delle piante superiori (tabella 1) espressi come numero di atomi rispetto al molibdeno[1].


           Tabella 1 - Composizione media della sostanza secca di una pianta 
                             (Curtis & Childs, 2010 riportato in Mariani, 2014).
(*) B = elementi base della sostanza organica; MP = macroelementi primari; 
MS = macroelementi secondari; me = microelementi.
A tale classificazione sfugge il cloro che pur essendo presente non è essenziale alla crescita.

Si noti allora che nella sostanza organica secca dei vegetali superiori per ogni atomo di molibdeno vi sono 60 milioni di atomi d’idrogeno, 40 di carbonio e 30 di ossigeno. Alle spalle di questi tre elementi - per i quali la pianta è autosufficiente grazie alla fotosintesi che li acquisisce a partire da anidride carbonica e acqua - troviamo subito l’azoto con 1 milione di atomi e a seguire il potassio con 250 mila atomi e il fosforo con 60 mila. A proposito di nutrizione azotata del frumento occorre premettere che per nutrire tale coltura si consuma il 40% dei concimi azotati totali prodotti nel mondo e che a fronte di un aumento delle rese medie di 2,4 volte dal 1960 al 2000 l’uso dei concimi azotati è cresciuto di 7,4 volte. Da tali dati parrebbe facile da arguire che sul periodo in questione l’efficacia della concimazione azotata sia diminuita fortemente; se però si osserva più da vicino il fenomeno emerge che esso non è tanto dovuto a problemi di assorbimento da parte del frumento quanto al fatto che molto dell’azoto fornito (dal 50 al 70%) viene perso per dilavamento, con conseguente inquinamento delle falde acquifere. Altre perdite sono dovute alla formazione di protossido d’azoto, un gas serra responsabile dell’8% della componente antropica dell’effetto serra (contro il 68% della CO2 e il 17% del metano (qui).

Giova altresì rammentare che l’agricoltura si viene a trovare oggi tra l’incudine ed il martello perché da una parte non possiamo sopportare economicamente ed ambientalmente perdite tanto elevate mentre dall’altra occorre aumentare ulteriormente la produzione agricola per soddisfare il sostentamento dei 9,6 miliardi di abitanti del pianeta attesi fra soli 35 anni. Oggi infatti il 40% delle proteine del nostro organismo proviene dall’azoto dei concimi di sintesi, per cui rinunciarvi comporterebbe una catastrofe alimentare. 
Quindi è oggi utopico pensare che sia possibile soddisfare il fabbisogno in azoto delle piante coltivate senza apporti umani di fertilizzanti di sintesi in un contesto globale che ci chiede di aumentare del 50-70% le produzioni entro il 2050. Quindi la soluzione deve per forza passare da un lato attraverso una somministrazione più ragionata dei concimi azotati e dall’altro attraverso una maggiore efficienza di trasformazione del concime azotato in sostanza secca vegetale.

Verso una somministrazione più ragionata dell’azoto

Una somministrazione più ragionata dell’azoto implica da un lato il frazionamento delle concimazioni e dall’altro la somministrazione del concime in vicinanza dei momenti di maggior richiesta da parte delle piante. Tali obiettivi, contrariamente a quanto vanno dicendo gli ambientalisti, sono già oggi perseguiti se si pensa ad esempio che in Francia negli ultimi 15/20 anni si è riusciti a ridurre l’uso degli azotati del 24% (Unifa 2013) sui cereali a paglia e di ben il 40% sulla bietola. 
Un notevole contributo al risparmio può essere poi ottenuto con la verifica della quantità di azoto in forma assimilabile (e cioè azoto nitrico) presente all’uscita dell’inverno nelle colture a semina autunnale. Infatti in base a questo calcolo si possono regolare gli apporti azotati primaverili dosandoli in funzione della maggiore o minore disponibilità riscontrata nel terreno. Il grado di nitrificazione dell’azoto del terreno è infatti dipendente da quanto è stato rigido o piovoso l’inverno. E’ evidente che si tratta di un contributo alla migliore gestione dell’azoto che si propone da un alto di evitare i rischi di percolazione e dall’altro di evitare di privare la pianta della giusta alimentazione. 
Nello stesso tempo la buona agricoltura di una volta con rotazioni che comprendevano sempre leguminose annuali e pluriennali, non può essere semplicisticamente definita d’antan continuando a sottovalutarne gli effetti positivi ai fini della nutrizione azotata della coltura successiva. Certo si deve, però, essere coscienti che la leguminosa mantenuta negli avvicendamenti, se non è trasformata in foraggio o mangime per gli animali, diviene un ulteriore costo per chi produce derrate agroalimentari, una “contraddizione” di cui la collettività dovrebbe in qualche modo farsi carico. Ma come pretendere ciò se non se ne fa carico neppure il produrre biologico, tant’è vero che nei protocolli di questa forma di agricoltura non è prevista l’obbligatorietà di un allevamento animale per auto-prodursi il letame? Alla luce di ciò assume una prospettiva diversa anche il sovescio con leguminose o altre specie, in quanto garantisce:
  • una migliore copertura del suolo contro il rischio erosivo nei periodi di intercoltura 
  • l’assorbimento dell’azoto nitrico contro il dilavamento 
  • un beneficio in termini fitosanitari legato alla diminuzione dei livelli d’infestazione da nematodi. 
In sostanza occorre mirare alla diffusione delle pratiche agronomiche migliorate. Tali pratiche sono fin qui bagaglio delle agricolture più professionali, le quali sono anche quelle che già oggi sfruttano le più moderne varietà di piante coltivate che ad una più elevata produttività associano un maggiore assorbimento.

Una maggiore efficienza di assorbimento e trasformazione del concime azotato in sostanza secca vegetale

Allo stato attuale però il migliore assorbimento è da imputarsi soprattutto alla migliore strutturazione data alla pianta (apparato radicale più espanso, portamento fogliare più idoneo e con efficienza foto sintetica che si mantiene elevata per periodi più lunghi) mentre poco è stato fin qui migliorato a livello di efficienza metabolica di cui parleremo sotto. I risultati raggiunti sono tuttavia già oggi lusinghieri seppure differenze sensibili si colgano da specie a specie anche in funzione del meccanismo fotosintetico presente (C3 o C4). Qui sotto i grafici relativi alla bietola da zucchero ed al frumento. Nel caso delle bietola (figura 1) vi è da annotare che probabilmente per spiegare parte degli andamenti delle due spezzate occorre ricordare l’influenza non trascurabile avuta dalla maggior mitezza che il clima europeo presenta dal 1987 e che si manifesta in un incremento di 0.5 – 2°C rispetto ai valori precedenti al 1987. 
Il diagramma di figura 2 mostra per la Francia i progressi delle rese del frumento a forte o scarsa concimazione azotata (Brancourt et al. 2003). Sulle ascisse sono state messe le produzioni ottenute in una prova attuale con le varietà più rappresentative dei vari anni passati. Osservare in particolare che il miglioramento è avvenuto indipendentemente dall’intensità della concimazione, anche si è rivelato più marcato in presenza di concimazione azotata forte.

Figura 1- Barbabietola da zucchero
Figura 2 - Frumento tenero




































                                                                                                                                                         
Il miglioramento dell’efficienza metabolica implica la conoscenza preliminare del metabolismo dell’N così come ci viene rivelato dalla ricerca. L’N è principalmente assorbito nella sua forma nitrica e solo in modo marginale nella forma ammoniacale. La forma nitrica nella pianta è ridotta a nitriti (per azione dell’enzima nitrato-riduttasi) e successivamente in forma ammonica (per azione dell’enzima nitrito-riduttasi). La forma ammonica contribuisce alla formazione dei primi amminoacidi (glutammina e poi glutammato per effetto di Glutammina sintetasi-GS e glutammato sintetasi-GOCAT). L’azoto qui contenuto è poi trasferito ad altre molecole organiche per formare altri amminoacidi per mezzo di amminotransferasi. L’N durante la fase vegetativa della pianta è solo stoccato in radici, fusto e foglie, mentre dopo la fioritura, e quindi solo nelle piante il cui raccolto avviene dopo la fioritura, l’N stoccato si rimobilizza e va verso gli organi di riserva, semi in particolare. Questa rimobilizzazione (i cui meccanismi non sono ancora ben noti) varia da pianta a pianta: nel mais essa è più importante (80% dell’N che si ritrova nel seme è quello che si trovava nella pianta alla fioritura) che nel frumento. Nel colza invece molto azoto assorbito è perso durante la senescenza precoce delle foglie in quanto non ha tempo di migrare verso i semi. Da ciò dobbiamo arguire che i geni implicati sono in parte diversi a secondo della specie. Tuttavia alcune linee di ricerca sembrano interessanti, ma qui devono entrare in campo non più le tecniche di selezione classica, ma le biotecnologie come la mutazione (silenziamento e gene editing), selezione assistita da marcatori molecolari e transcrittomica. Solo che la scienza non fa nessuna differenza e usa le tecniche biotecnologiche al bisogno, mentre, la legge, imposta da una opinione pubblica appositamente spaventata, crea distinzioni e divieti che influenzano enormemente le possibilità operative. L’Europa pagherà cara questa sua chiusura!
Con riferimento al miglioramento dell’efficienza esiste ancora il mondo inesplorato delle relazioni associative tra le popolazioni di batteri azoto fissatori e l’assorbimento dell’azoto da parte delle radici (il riso in ambienti tropicali assorbe da questi batteri fino a 40 kg di N/ha), tra compiti della funzione enzimatica e attraversamento delle membrane radicali da parte degli elementi nutritivi. 
Si tratta di meccanismi che solo ora sono in via di studio, come in via di studio sono le relazioni delle piante coltivate con i funghi endomicorrizogeni presenti nel suolo. 
Come ultimo argomento si segnala la futuristica possibilità di trasferire microrganismi simbionti in piante coltivate che ne sono prive per renderle simili alle leguminose che con tale meccanismo riescono ad attingere dall’aria tutto l’N di cui necessitano. Il guaio principale che frena la ricerca in tale direzione è il fatto che meccanismi di questo genere sono sorretti da miriadi di geni ancora sconosciuti e quindi per ora non alla nostra portata.




[1] Il molibdeno è l’elemento meno comune nella sostanza secca dei vegetali ed è tuttavia essenziale in quanto le piante assorbono l’azoto  quasi unicamente in forma di nitrato ma lo possono poi utilizzare solo in forma di ione ammonio che è prodotto dal nitrato grazie all’enzima nitrato reduttasi il quale non può funzionare senza il molibdeno





Bibliografia consultata

Gallais A., Hétérosis et variétés hybrides e amélioration des plantes - Editions Quae 2009
Gallais A., Méthodes de création des variétés en amélioration des plantes - Editions Quae 2011
Gallais A., De la domestication à la transgènese. Evolution des outils pour l’amelioration des
des plantes – Editions Quae 2000
Gallais A., Ricroch A., Plantes trangéniques : faits et enjeux – Editions Quae – 2006
AA.VV, Cinquante ans d’Amelioration des plantes au service de l’agriculture : bilan défis, et enjeux pour demain. Atti Journée ASF 2006
Mariani L., 2014. Agronomia. Cusl, Milano, 344 pp.
Agnés Rcroch, Yvette Dattée & Marc Fellous – Biotechnolgies Végétales – Environnement, alimentation, santé – Vuibert AFBV 2011




Agronomo. Diplomato all' Istituto Tecnico Agrario di Remedello (BS) e laureto in Scienze Agrarie presso UCSC Piacenza. Ha lavorato per tre anni presso la nota azienda sementiera francese Florimond Desprez come aiuto miglioratore genetico di specie agrarie interessanti l'Italia. Successivamente ne è diventato il rappresentante esclusivo per Italia ; incarico che ha svolto per 40 anni accumulando così conoscenze sia dell'agricoltura francese che italiana.

2 commenti:

  1. Chiedo scusa, ma nell'esempio della barbabietola da zucchero credo sia bene specificare che l'apporto "eccessivo" di N induce la coltura nel proiettarsi su una crescita della porzione ipogeica, sfruttando le riserve; la biosintesi di zuccheri è data, in effetti da un corretto rapporto N/K, al potassio, invero, viene additata la funzione biosintetica degli zuccheri attraverso complessi meccanismi biochimici. Dunque, in sostanza, forse è necessario spiegare meglio l'esempio in tabella.

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  2. Max è giustissimo quello che dici (comunque l'avrei spiegato in una prossima puntata della storia dell'indstria saccarifera italiana che sto scrivendo per Agragria Sciences), infatti, il grafico ti mostra che l'azoto in eccesso penalizza il contenuto di zucchero, oltre ad incidere negativamente nell'estrazione dello zucchero in zuccherificio. Infatti pur diminuendo l'azoto somministrato la percentuale di zucchero dagli anni '80 è cominciata ad aumentare. l'impennata della spezzata del % di zucchero partita agli inizi del 2000 non può essere spiegata solo con la diminuzione dell'azoto somministrato, ma vi deve essere un altro fattore che gli specialisti hanno individuato negli 1,5°C medi in più riscontrati nell'ambiente francese (che il riscaldamento sia causa della CO2 antropica oppure di un ciclo particolare di clima caldo che ha interessato il nostro pianeta in parecchie altre epoche storiche vi è, a mio modestissimo parere, ancora da stabilire e io sono per la seconda ipotesi).Senza tralascirare poi il miglioramento genetico avvenuto nelle varietà coltivate in quei climi. E' anche certo che la pratica di far coprire il terreno alla bietola il più presto possibile comporta la creazione nello strato tra superficie del terreno e parte inferiore del fogliame un ambiente molto ricco di CO2 che favorisce la fotosintesi (la CO2 è anche un elemento fertilizzante per i vegetali).
    Comunque dato che l'hai chiesto anticipo in sintesi una spiegazione più articolata.
    Perchè in Italia non abbiamo registrato lo stesso andamento, anzi...? I motivi sono vari, uno di questi è che nessun selezione genetica sulla bietola da zucchero è stata finalizzata per i nostri climi, che sono particolari. Infatti sotto i nostri climi la bietola nei periodi di giugno luglio presenta spesso fame d'azoto (ingiallimenti) pur se i contenuti dell'elemento N del terreno sono ottimali. La combinazione di elementi che fa si che che questo capiti è la frequente siccità ed eccessivo calore: da una parte la mancanza d'acqua non veicola l'azoto nelle piante, dall'altra l'eccessivo calore danneggia l'attività fotosintetica perchè fa invecchiare precocemente l'apparato fogliare; che tra l'altro diventa molto più recettivo alle malattie fogliari, vedi cercospora. L'irrigazione se non correlata al periodo di escavo è spesso controproducente perchè diluisce la concentrazione in zucchero della radice che è appunto diventato il più importante parametro di pagamento. Dunque l'azoto dato rimane inutilizzato nel terreno fino a quando verso la fine di agosto e settembre inizia il periodo con piogge anche abbondantissime. Queste mobilizzano l'azoto e la pianta comincia ad assorbirlo creando radici di cattiva qualità di estrazione dello zucchero.Ma non vi è solo questo perchè in questo periodo spesso l'apparato fogliare è ormai compromesso e quindi l'emissione di nuove foglie avviene a scapito dello zucchero accumulato. Dunque diluizione dei sughi (calo % dello zucchero) e perdita per rinnovo dell'apparato fogliare creano l'inferiorità della nostra bieticoltura, cosa che ha contribuito anche alla nostra perdita della filiera.
    Negli ambienti nord europei i periodi siccitosi sono una eccezione,il sole non è così battente e quindi la bietola mantiene intatto l'apparato fogliare e continua ad immagazzinare zucchero, non solo ma a differenza dell'Italia la raccolta comincia due mesi dopo e quindi il periodo di accumulo di zucchero è più lungo e soprattutto continuativo.
    Ecco questo è l'handicap climatico che noi italiani paghiamo, ma a questo occorre aggiungere anche che il nostro progresso tecnico-agronomico sulla bietola è stato molto scarso (riuscivamo a fare reddito con il prezzo e non con la produzione), ma quando il prezzo è crollato siamo crollati anche noi ed abbiamo tutto dismesso....ma abbiamo anche preso tanti tanti soldini.....

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