venerdì 14 dicembre 2018

COSA ACCADREBBE SE L’INTERA AGRICOLTURA TEDESCA FOSSE CONVERTITA AL BIOLOGICO

Uno scenario con effetti dirompenti su intere filiere produttive

 


di ALBERTO GUIDORZI e LUIGI MARIANI 






Molti consumatori di biologico e biodinamico sono stati irretiti da un ecologismo radicale che vende loro la panzana secondo cui il 100% dell’agricoltura mondiale potrebbe essere convertita dal convenzionale (AC) al biologico o al biodinamico (AB) continuando a nutrire gli abitanti del pianeta come se nulla fosse.

In Italia i dati produttivi del biologico e del biodinamico non sono da tempo resi disponibili, forse per vergogna o forse perché la loro diffusione romperebbe le uova nel paniere a politica, media e ideologi. In altri Stati è invece possibile reperire dati ed un signore tedesco che si firma Willi l’Agricoltore¹ ha voluto farne un’analisi riferita al 2013, anno temporalmente prossimo alle primavere arabe, scoppiate fra il 2010 e il 2011 e che, lo ricordiamo, furono anche rivolte contro l’aumento del prezzo del pane.
Qui di seguito si passano in rassegna i dati che emergono²⁻³ e si sviluppa un breve commento degli stessi. 

Importanza del bio in Germania. 
Le aziende agricole sono in totale 285.000, di cui 23.271 sono biologiche per un totale di 1.020.000 ettari, Il 57% dei quali è però costituito da prati mentre l’incidenza dei prati sulla superficie agricola tedesca (SAU), che è di 16.496.900 ha, è solo del 28%. 

Commento: Occorre rimarcare che tra prato coltivato in biologico e coltivato in convenzionale (AC) non vi sono di norma differenze sul piano gestionale: in ambedue i casi non si concima e non si fa protezione con fitofarmaci e quindi la certificazione biologica è un sistema assai discutibile sul piano etico per percepire sovvenzioni pubbliche supplementari. La nostre considerazione sono suffragate dalle percentuali del prato sulle superfici totali (57% per AB contro il 28% per AC) che evidenzia la “curiosa passione” del mondo bio per prati e pascoli che si abbina ad una passione assai minore per la zootecnia biologica. 

Produzione di cereali. L’AB produce in media 3,6 t/ha di cereali a paglia su 202.000 ha, mentre l’AC produce in media 7,3 t/ha. Se tutta la superficie tedesca a cereali a paglia (frumenti, orzo, segale e avena) fosse convertita a biologico la produzione teorica scenderebbe da 47.757.000 a 24.145.114 t, con un calo produttivo del 51%. 

Commento: In cifre assolute ciò significherebbe che, essendo il consumo annuo in Germania di 44 milioni di t si dovrebbero importare 21 milioni di t anziché esportarne 3.757.000. Figurativamente: 830.000 camion che circolano per distanze molto maggiori, oppure, se preferite, Egitto e Algeria in conseguenza delle importazioni tedesche avrebbero difficoltà a reperire frumento per il pane e lo troverebbero solo a prezzi per loro insostenibili. Se le rivoluzioni sociali recenti nei paesi del Maghreb hanno avuto come scintilla la crescita del prezzo del pane e del cous-cous si lascia all’immaginazione del lettore cosa capiterebbe nel frangente ipotizzato. 

Produzione di patate: In AB si coltivano solo 8100 ha di patate, contro i 242.800 ha totali della Germania. In quantità sono 9.670.000 t totali di cui solo 120.000 t in AB. La produzione unitaria quindi risulta di 14,5 t/ha circa, che se moltiplicate per tutti gli ettari a patate della Germania (ammesso appunto che fossero tutti in AB) darebbero una produzione di t 3.597.033, ossia si verificherebbe un deficit di t 6.072.967 . In sostanza la Germania dovrebbe sopportare un calo del 63% nella produzione di patate. 

Commento: Certo la Germania potrebbe comprare delle patate novelle in Egitto nel mese di febbraio-marzo, solo che in Egitto le producono con 4 irrigazioni, mentre in Germania si producono patate senza irrigazione. Insomma andrebbe a farsi friggere il mantra della sostenibilità. 

Produzione di Colza: La produzione di colza in AB incontra difficoltà enormi, e lo dicono le cifre (la non protezione delle plantule e la conseguente aggressione dei parassiti porta a densità d’investimento per ettaro inaccettabili). Di conseguenza in Germania su 1.533.300 ettari seminati a colza solo 1800 sono condotti con i metodi di AB e quindi ricavare un dato produttivo medio ha poco senso. Tuttavia dalle prove disponibili si ricava che il range di produzione in bio va da 0,5 a 2,2 t/ha mentre la produzione media in AC tedesca è di circa 4 t/ha. Ora ammesso che si producano in bio 1,7 t/ha in media e trasferendo questa produzione unitaria al totale degli ettari coltivati a colza in Germania otterremmo una quantità di circa 3 milioni di t, quando la produzione reale è di quasi 6 milioni, con un calo di produzione del 55%. 

Commento: La Germania trasforma 13,3 milioni di t di semi oleaginosi di cui 9,6 sono di colza. L’import di semi di colza è dunque a tutt’oggi di 3,3 milioni di t, cui se ne aggiungerebbero altrettanti se si coltivasse tutto il colza con i metodi dell’AB. Tuttavia questo è un ragionamento ottimista in quanto, viste le produzioni che si ottengono, è prevedibile che per motivi tecnico-economici il colza scomparirebbe dalle rotazioni dell’agricoltura tedesca. Anche questo scenario, però, pecca di ottimismo in quanto si deve tener conto che dall’estrazione dell’olio si ottengono non solo i panelli lipido-proteici che vanno a costituire dei mangimi animali che mancheranno ma anche il diestere nazionale usato come combustibile rinnovabile. Pertanto la sostenibilità tecnico-economica di intere filiere produttive andrebbe letteralmente a farsi friggere proprio a causa dell’AB. 

Produzione di Barbabietola da zucchero: anche qui non esistono dati per un accettabile confronto in quanto su 315.543 ha coltivati in Germania solo 1200 ha sono in biologico. Anche per questa coltivazione la non protezione del seme, le difficoltà di diserbo e la mancata protezione fogliare comportano cali di produzione economicamente inaccettabili. Si pensi che il prezzo della bietola convenzionale è di 25 €/t mentre le bietole dei 1200 ha a bio sono pagate 75 €/t. 

Commento: Ipotizzare la scomparsa della bietola da zucchero tedesca è d’obbligo se si pretendesse di coltivarla tutta in AB. Quindi con la scomparsa di questa pianta sarchiata, che in quell’ambiente è una delle poche che entrano in rotazione, scomparirebbe altresì un’industria di trasformazione con una storia gloriosa e tutto il prezioso indotto sarebbe annullato. Per calarci in tale scenario è sufficiente pensare a cosa è capitato all’Italia a partire dal 2006 con la dismissione bieticolto-saccarifera e a cosa potrebbe capitare in un prossimo futuro alla nicchia che ancora ci è rimasta.
 
Produzione di frutta: In bio si coltivano 8.485 ha contro 52.689 in convenzionale. Le produzioni totali sono rispettivamente 98.000 t e 1.118.300 t, ossia 11,5 t/ha e 21,2 t/ha di produzioni unitarie. Ora se spalmassimo le 11,5 t/ha sul totale degli ettari, verrebbero a mancare 509.753 t, con un calo di produzione del 46%. 

Produzione di Verdura: Nel 2013 in Germania si producevano 3.418.211 t di verdura, di cui 271.800 t erano biologiche. Qui le differenze di produzione tra bio e convenzionale sono più contenute per cui ammettendo di convertire a bio l’intera superficie a convenzionale si avrebbe un calo di produzione del 16%.
Produzione di latte bovino: in bio si producono 682.100 t di latte con 143.000 lattifere, ossia 47,7 t/anno/vacca. Se l’intero patrimonio bovino da latte tedesco (4.222.300 vacche) fosse convertito nel produrre in biologico ne conseguirebbe un calo di produzione del 34%. 

Produzione di uova: in Germania vi erano 3,8 milioni di ovaiole allevate in biologico, contro un totale di 43,2 milioni. La deposizione annuale in bio è di 272 uova/anno/gallina, contro le 293 del convenzionale. Pertanto in caso di completa conversione al biologico il calo di produzione sarebbe solo del 7%. 

Commento: Si sceglie la produzione di uova perché il ragionamento che si farà si attaglia meglio, ma esso è valido per tutte le altre coltivazioni. Come L’AB vaneggia sul ricorso alle varietà antiche dei cereali a paglia, vantandone qualità inesistenti, per coerenza dovrebbe di preferenza adottare le vecchie razze di galline ovaiole, vecchie razze bovine da latte e vecchie varietà per tutte le piante coltivate. Solo che se si facesse ciò il calo produttivo sarebbe imponente: ad esempio le galline in bio produrrebbero il 50% in meno e ciò in quanto le vecchie razze di polli al massimo deponevano 120/150 uova/anno. 

Commenti generali
 
L’AB basa la fertilità dei terreni solo sul letame e qui sappiamo che un bovino ci rende in sostanza secca sotto forma di letame solo il 20/40% di tutta la sostanza secca ingerita. Pertanto il terreno se concimato solo con letame, accumulerebbe ogni anno un deficit di elementi nutritivi che l’AC integra con i concimi di sintesi, mentre l’AB cerca di farlo con residui vegetali o comprando letame extra-aziendale. E poiché solo pochissime aziende AB autoproducono letame, gli acquisti di letame sono ingentissimi e inevitabilmente privano altri terreni di concime organico, incidendo così negativamente sulla fertilità dell’AC. Non bisogna inoltre sottacere che se adottassimo la concimazione letamica per tutti i 16 milioni di ettari di superficie agricola utile tedesca, sarebbe necessario covertire a foraggere molte terre oggi coltivate diversamente e distruggere boschi per produrre foraggio. Inoltre questo foraggio occorrerebbe raccoglierlo e poi portarlo in azienda in quanto una zootecnia tutta al pascolo darebbe luogo ad altissime perdite nel letame e nei nutrienti in esso contenuti (azoto in primis).
Come la mettiamo poi con le sovvenzioni supplementari che il coltivatore biologico pretende per il “servizio reso all’ambiente” e per sopperire in parte alle insufficienti produzioni? Restando ai numeri tedeschi e ammettendo solo 200 €/ha di contributi supplementari rispetto all’AC, ne risulterebbe un esborso di 3,2 miliardi di euro (200€ x 16 milioni di ha). Solo che l’agricoltore bio non si accontenta dei 200 €/ha, ma pretende che il suo prodotto sia pagato di più (il che è perfettamente capibile in quanto a parità di superficie produce la metà e sopporta costi di produzione più elevati) e questo sovrapprezzo si ripercuote sul consumatore. Abbiamo fatto l’esempio della bietola che è ceduta per un prezzo triplo e quindi c’è da aspettarsi che lo zucchero costi tre volte di più. I consumatori ideologizzati forse applaudiranno, ma la grande massa dei consumatori come reagirebbe a questi generalizzati aumenti nel costo dei generi alimentari di prima? Ultima considerazione è quella relativa alle sementi usate in AB che sono tutte state selezionate per l’AC. Ora se si tornasse al germoplasma delle vecchie varietà si perderebbe un potenziale 40%, che è il dato che la letteratura indica come apporto dato dal miglioramento genetico delle piante coltivate. Si è parlato di potenziale in quanto il 40% si ottiene concimando con concimi di sintesi e proteggendo con fitofarmaci e quindi in mancanza di ciò l’estrinsecazione totale del 40% non avverrebbe, ma almeno un altro 20% lo si perderebbe. Però occorre aggiungere che in uno scenario come questo l’industria sementiera sarebbe destinata a chiudere per mancanza di finanziamento da parte degli utilizzatori delle sementi, impossibilitati a farlo per la scarsa produttività. Gli ideologi risolveranno la questione dicendo “non hanno pane, che mangino brioches” e in pochi li contesteranno poiché tali prediche verranno da pulpiti radical chic ammantati di progressismo e inneggianti alla salvezza del pianeta. 

Conclusioni
I padri nobili che ci portarono fuori dalla terribile avventura di due guerre mondiali e delle terribili conseguenze in termini di sicurezza alimentare credettero nel fatto che l’Europa del futuro avrebbe dovuto raggiungere a tutti i costi l’autosufficienza nelle derrate alimentari strateghe. Oggi i loro oscuri epigoni da comode scrivanie a Bruxelles o nelle capitali europee promuovono agricolture elitarie, il biologico e il biodinamico, scarsamente produttive e pertanto insostenibili sul piano economico, sociale e ambientale. Tali agricolture, qualora adottate su vasta scala, garantiranno un’insicurezza alimentare che dall’Europa, a tutt’oggi uno dei granai del mondo, si propagherà a macchia dl’olio al resto del Pianeta. Speriamo che qualcuno cambi canale prima che sia troppo tardi. 





Alberto Guidorzi
Agronomo. Diplomato all' Istituto Tecnico Agrario di Remedello (BS) e laureato in Scienze Agrarie presso UCSC Piacenza. Ha lavorato per tre anni presso la nota azienda sementiera francese Florimond Desprez come aiuto miglioratore genetico di specie agrarie interessanti l'Italia. Successivamente ne è diventato il rappresentante esclusivo per Italia; incarico che ha svolto per 40 anni   accumulando così conoscenze sia dell'agricoltura francese che italiana.



Luigi Mariani 
Docente di Storia dell' Agricoltura Università degli Studi di Milano-Disaa, condirettore del Museo Lombardo di Storia dell'Agricoltura di Sant'Angelo Lodigiano. E' stato anche Docente di Agrometeorologia e Agronomia nello stesso Ateneo e Presidente dell’Associazione Italiana di Agrometeorologia.

2 commenti:

  1. Se nella conduzione dei prati non c'è differenza fra ab e ac come si spiega che l'ac produce il doppio per ha?

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    1. Lo dice lei e nessun altro. Infatti non esiste un dato che sia un dato (ufficiale) che dica quanto produce un prato biologico. Certo se si confronta un prato ben tenuto ed inerbito (seppure non concimato e con nessuna protezione e un prato degradato e questo lo si fa certificare biologico può capitare quello che dice lei.

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