sabato 19 gennaio 2019

RISPOSTA A LETTERA FEDERBIO


di AGRARIAN SCIENCES 




Premessa 
Ci preme anzitutto rimarcare che il testo di Federbio, nel tentativo di sminuire le argomentazioni dettagliate nel documento da noi inviato al Parlamento in relazione agli articoli del DDL 988, non entra nemmeno nel merito delle considerazioni che svolgiamo su ciascun articolo del DDL, limitandosi a cercare di contrastare le nostre premesse. Invitiamo nuovamente i lettori a considerare con attenzione quanto da noi affermato e argomentato con decine di riferimenti bibliografici nel documento disponibile su  Agrarian Sciences  e che se condiviso potrà essere sottoscritto.
Invitiamo altresì a considerare che il nostro documento è ad oggi stato sottoscritto da oltre 300 persone fra cui 83 docenti universitari (di cui 47 ordinari), 35 ricercatori universitari e di Enti di ricerca agrari (Crea, Cnr, ecc.), 97 agronomi e agricoltori nonché i rappresentanti di alcune importanti accademie agrarie e associazioni nazionali: Federazione Italiana Dottori in Scienze Agrarie e Forestali, Accademia Nazionale di Agricoltura, Società Agraria di Lombardia, Accademia della Vite e del Vino, Associazione Nazionale dei biotecnologi, ecc. 
Il nostro è quindi un movimento spontaneo, trasversale, apartitico, con elevato livello di competenza, diffuso su tutto il territorio nazionale e a cui afferiscono anche tecnici, imprenditori agricoli e produttori agro-alimentari che operano anche nel biologico. 
Appaiono pertanto risibili le accuse di ignoranza e di mancata conoscenza del settore biologico che traspaiono in più punti del documento Federbio. Peraltro è proprio perché ben conosciamo i punti di forza e di debolezza del biologico nazionale italiano che formuliamo le nostre motivate critiche. Non abbiamo nulla da difendere se non la realtà che i fatti ci consegnano e che riteniamo il cittadino debba conoscere. Riaffermiamo anche che la nostra non è una battaglia contro i produttori ma contro lobby ideologizzate.

Promuoviamo la libertà di produrre nel modo in cui ognuno ritiene appropriato per la propria azienda (biologico, convenzionale, integrato, ecc.) nel pieno rispetto delle regole e delle leggi e a condizione che: 

  •  il consumatore ottenga quello che si attende (se acquista bio dev’essere vero bio e non falso bio) 
  •  il consumatore possa fare una scelta libera e informata 
  •  chi produce falso bio sia smascherato e punito anche per la concorrenza sleale nei confronti dei produttori (anche bio) seri. 

Entriamo ora nuovamente nel merito della nota di Federbio affrontando come già fatto in altre occasioni i deboli punti da essa sollevati. 

(i) L’evidenza circa la scarsa produttività del biologico

Il testo Federbio cita un articolo ben noto agli scriventi (Muller, 2017) che ha l’onestà intellettuale di ammettere le rese inferiori, anche se i cali di resa registrati in biologico in pieno campo sono sensibilmente più rilevanti di quelli segnalati dall’articolo di cui sopra. Al riguardo si vedano ad esempio i dati riportati per grano duro in Lazio da Ciliacò (2017), in cui si riportano rese, tratte dai quaderni di campagna degli agricoltori, di 1,5 t/ha per grano duro bio contro le rese di 6 t/ha per il convenzionale (-75%), che concordano appieno con i dati francesi da noi citati per grano tenero (-68%). 
  • Bizzarra è anche l’idea espressa dal testo Federbio secondo cui i dati francesi sarebbero “decontestualizzati” e quelli svizzeri di Muller (2017) invece no. La Francia è invece un ottimo caso di studio perché, a differenza della Svizzera, è un paese della UE ed è inoltre il maggior produttore europeo di grano tenero
  • Spiace anche constatare la superficialità e la sciatteria con cui viene liquidato il lavoro di Cavigelli (2008), cosa che nessun esperto di agroalimentare, studioso o rivista scientifica si permetterebbe di fare trattandosi di un lavoro che riporta i risultati di una prova decennale (1996-2005) di confronto fra più sistemi colturali biologici e convenzionali pubblicata su un’importante rivista scientifica, l’Agronomy journal. 

(ii) La sostenibilità ecologica del biologico a livello di singole aziende.


  •  L’ammissione di Federbio secondo cui l’agricoltura biologica dipende dalla sostanza organica prodotta da allevamenti convenzionali che operano utilizzando OGM, concimi di sintesi e fitofarmaci vietati in bio è l’ammissione di una delle più palesi incongruenze del biologico così come concepito dai suoi attuali propugnatori. Riteniamo che la propaganda del bio debba includere questa informativa ai consumatori, affinché siano consapevoli che la filiera del bio dipende da Ogm e composti di sintesi. 
  • Anche se ne intuiamo la ragione, vorremmo anche che Federbio spiegasse perché, con il 15% della SAU italiana di cui il 51% costituita da prati e pascoli, il bio non sia ancor oggi in grado di prodursi tutta la sostanza organica di cui abbisogna.
(iii) La sostenibilità ecologica del biologico a livello globale

Troviamo incredibile che come documento scientifico a sostegno della sostenibilità globale del biologico, la dirigenza di Federbio sia ricorsa a Muller et al (2017). Ciò in quanto tale studio attesta l’esatto contrario di quanto Federbio sostiene ed in particolare indica che portando al 100% di biologico l’agricoltura mondiale: (a) le emissioni di gas serra aumenterebbero dall’8 al 12% rispetto a quelle dell'inizio degli anni 2000, (b) l'erosione del suolo, base del dissesto idrogeologico, aumenterebbe tra il 10 e il 20%, (c) la deforestazione aumenterebbe tra l'8 ed il 15%, (d) il consumo di terra per l'agricoltura aumenterebbe fino al 33% con enormi danni alla biodiversità e (e) l’abbandono dei fertilizzanti azotati di sintesi produrrebbe problemi di sicurezza alimentare globale. 


Il lavoro di Muller mostra dunque uno scenario che, seppure più ottimistico di quello che emerge da altri studi (Burney, 2010), sarebbe comunque devastante sul piano ambientale e della sicurezza alimentare globale. Ma un tale scenario sarebbe altresì foriero di enormi danni all'imprenditoria nazionale, con una sensibile riduzione della produzione agroalimentare dei prodotti di origine animale (Parmigiano, Grana, Prosciutti, mozzarelle, etc.). Inoltre la quota residuale di alimentazione zootecnica deriverebbe dalla sostituzione dei fertilizzanti azotati sintetici (usati in agricoltura convenzionale) e delle farine animali (usate in agricoltura biologica) con la coltivazione e la fertilizzazione derivante dall'impiego di legumi da sovescio (favino, erba medica, trifoglio, etc.). Questa misura annullerebbe l'impiego dell'87% dei mangimi oggi usati in Italia e causerebbe un drastico ed insostenibile aumento dei costi di produzione e del relativo prezzo al consumatore. 

In conclusione, crediamo che gli stessi documenti usati da Federbio per sostenere l'agricoltura biologica dimostrino quanto questo tipo di lobbying sia inconsapevole delle conseguenze di ciò che promuove, e quindi sia una seria minaccia per il bene del pianeta, per l'imprenditoria nazionale e per gli stessi consumatori. 


(iv) La sostenibilità del biologico sul piano economico e sociale

Se il biologico venisse imposto per legge i consumi di frutta e verdura tenderebbero a ridursi soprattutto per le fasce più povere della popolazione, con probabile spostamento verso prodotti “sostitutivi” assai meno favorevoli alla prevenzione dei tumori. Noi su questo tema abbiamo citato bibliografia (Ames e Gold, 2000). Le risposte di Federbio sono assenti o insussistenti. 


(v) Il marketing del biologico

Federbio fa confusione (forse deliberatamente) tra il concetto di agricoltura integrata obbligatoria, ovvero il livello base di produzione previsto dalla normativa vigente in tema di condizionalità ai fini PAC e di uso sostenibile dei prodotti fitosanitari come declinato dal PAN (DM 22.01.2014) e quello di produzione integrata volontaria, di livello superiore, incentivato con la misura 10 dei PSR. Sulla promozione delle produzioni derivanti da questo tipo di agricoltura sarebbe utile investire maggiormente, il che forse non avviene in quanto esse non consentono margini speculativi paragonabili a quelli del biologico per alcuni operatori della filiera. 

(vi e vii) Circa il reale peso del biologico sul mercato italiano e la sua crescita


Citiamo nuovamente i dati SINAB i quali dicono che in Italia (a) i produttori bio sono passati da 58000 nel 2001 a 57000 nel 2017; (b) la quota di mercato agroalimentare italiano coperta dal biologico nel 2017 è passata da 2.8% a 3% (+0,2% su 2016); (c) il biologico domina oggi il 15% della SAU. 
Mettendo insieme tali dati non possiamo fare a meno di domandarci coma mai con tanta superficie si copra solo il 3% del mercato, peraltro al lordo delle importazioni. Si desume che il biologico produce pochissimo. Possiamo solo immaginare gli effetti negativi sulla nostra autosufficienza alimentare se l’improduttività venisse promossa per legge. 

(viii) Circa i sussidi destinati al biologico italiano


Circa i dati ufficiali forniti dall’ufficio studi della Camera dei Deputati rileviamo, per chiarezza e correttezza d’informazione, che la somma di 1,8 miliardi di euro complessivamente destinati secondo l’ufficio studi del Camera al biologico nel periodo di programmazione PAC 2014-20, rappresentano un incentivo specifico per una sola misura del PSR (la mis.11) ad adesione volontaria. Che si aggiungono ai finanziamenti pubblici che l’agricoltore biologico riceve in proporzione alla superficie investita, come qualsiasi agricoltore attivo in Italia, beneficiando rispetto al convenzionale di numerosi privilegi burocratico - amministrativi. Questo è un dato di fatto oggettivo, verificabile ed incontrovertibile. 


(ix) Il biologico fa largo ricorso ai fitofarmaci 

Se, com’è normale che sia, Federbio ammette l’uso dei fitofarmaci anche in biologico, a chi si riferisce l’immagine dell’agricoltore che campeggia sul report Cambia la terra 2018? Federbio può ora segnalare che trattasi di un agricoltore biologico che sta distribuendo insetticidi o fungicidi (Spinosad, Azadiractin, rame, piretro o quant’altro). Segnali anche che la frase che segue è solo retorica o un inganno al consumatore: “L’utilizzo della chimica di sintesi e l’inquinamento che ne deriva provocano danni consistenti alla salute e sull’ambiente. E a farsi carico della tutela degli ecosistemi sono gli operatori del biologico su cui ricadono i costi prodotti dall’agricoltura convenzionale”. Nella pagina introduttiva al report campeggia un “chi inquina non paga”. Federbio chiarisca se il bio paga per l’inquinamento che provoca con i suoi “fitofarmaci”. 
La legge dovrebbe farsi carico di comunicare correttamente al consumatore (in primo luogo attraverso le etichette dei prodotti alimentari) che anche in biologico si impiegano fitofarmaci. 

(x) Il biologico rifiuta in modo preconcetto l’innovazione

L’innovazione è certo un concetto importante e da parte nostra non l’abbiamo mai ristretta a ingegneria genetica e a chimica industriale (cui peraltro il biologico è grande debitore visto che il rame e lo zolfo cui ricorre non sono certo estratti dalle miniere) ma è un concetto molto più ampio, complesso e dinamico, non tanto però da arrivare a comprendere i farmaci omeopatici o i preparati biodinamici come fa Federbio. L’innovazione è in realtà un processo di continua evoluzione scientifica e tecnologica: quello che in Italia qualcuno vorrebbe negare, e non solo in agricoltura, condannando il Paese ad arretratezza, prodotti non salubri e in quantità ridotte e disomogenee

3. LA NECESSITÀ DI UNA LEGISLAZIONE AGRICOLA CHE TUTELI L’INTERESSE GENERALE
(i) L’autosufficienza alimentare da garantire al Paese


Federbio sostiene che “Gli squilibri fra produzione agricola nazionale e consumo interno di prodotti alimentari descritti sono frutto delle dinamiche produttive e di mercato dell’agricoltura convenzionale”. Su questo non siamo d’accordo. E’ l’assenza di innovazione che sta determinando un calo sensibile e una spiccata variabilità delle rese della nostra agricoltura. Oggi il mais produce 3,5 tonnellate per ettaro meno di quanto produrrebbe con tecnologie aggiornate e ha molti più problemi di tossine da funghi. Se Federbio scrive che il DDL punta a favorire l’autosufficienza alimentare per il Paese per il settore del biologico, da parte nostra non possiamo che ribadire che la produttività scarsissima del biologico lo pone lontano anni luce da una logica di autosufficienza. 
(ii) La tutela del diritto ad alimenti salubri


Chi di noi frequenta le borse merci ha la netta sensazione del fatto che la salubrità delle commodities prodotte con metodo biologico sia inferiore a quelle prodotte con metodo convenzionale o integrato. Questo spinge peraltro i grandi operatori che vogliono completare la loro gamma con prodotti bio ad attingere in modo sempre più massiccio al mercato estero. 
(iii) La tutela del territorio e la sua gestione e manutenzione

In tema di rame ricordiamo a Federbio che l’agricoltura convenzionale e quella integrata hanno molte alternative in termini di fungicidi rispetto alla rame. Chi non ha alternative è l’agricoltura biologica che infatti ne fa un uso smodato specie nelle annate molto piovose e per le colture più sensibili (ad esempio vite). 

Segnaliamo poi che la “copertura di fatto permanente che caratterizza una buona pratica di agricoltura biologica” di cui parla Federbio è di fatto impossibile da garantire nella gran parte delle aree agricole del nostro paese (es: la cerealicoltura di tutto l’areale a clima mediterraneo). 
Circa infine i rapporti ISPRA sulla qualità delle acque che indurrebbero a pensare che “solo una maggiore pratica di agricoltura biologica potrà consentire di ridurre la notevole presenza di sostanze chimiche di sintesi anche nelle acque profonde che alimentano gli acquedotti.” Ci limitiamo a rilevare che solo quando si avranno dati comprensoriali relativi al biologico si potrà dire qualcosa di concreto sull’argomento.

(iv e v) La tutela della libera concorrenza e degli imprenditori agricoli convenzionali 

Osserviamo che mentre nel rapporto di Federbio "Cambia la terra - 2018" l'agricoltura integrata veniva descritta come qualcosa di quasi pestilenziale, ora viene inquadrata nelle "buone pratiche obbligatorie, oltretutto non soggette a certificazione e controlli come nel caso dell’agricoltura biologica". Questo peraltro contiene un falso evidente: l'agricoltura integrata è soggetta a controlli molto più stringenti di quelli attuati nel biologico, in quanto effettuati da tecnici dipendenti dalla pubblica amministrazione e non da privati pagati dal controllato. 

(vi) La tutela dei redditi dei consumatori


Anche se ci mancherebbe altro che fosse fatto obbligo ai consumatori di consumare bio, anche a tale riguardo non possiamo fare a meno di cogliere alcuni segnali preoccupanti, quali (a) l’idea di promuovere il bio nelle mense (i cui maggiori costi saranno sopportati dalla collettività) e (b) il disegno di legge 5 Stelle che nella regione Siciliana si propone di rendere biologica l’intera agricoltura entro il 2025, senza porsi neppure il problema di come si potranno gestire le colture protette, gli agrumenti e i vigneti di uva da tavola che sono i punti di forza di quella agricoltura. 

Conclusioni


L’innovazione dovrebbe a nostro avviso pervadere tutte le metodologie di produzione adottate in ambito agricolo (biologico, integrato di base e avanzato nonché convenzionale). Un chiaro freno in tal senso è dato dalla miopia, superficialità e sciatteria culturale con cui Federbio legge oggi la realtà agricola italiana e che si traduce nel rischio concreto di decadenza del nostro sistema produttivo agricolo. Sottrarre a questo rischio la nostra agricoltura è oggi una grande priorità e un dovere non solo per gli aspetti agricoli, ma anche ambientali: un’agricoltura scarsamente produttiva porta all’abbandono esponendo i territori agli innumerevoli problemi che ne derivano. 

Bibliografia
Ames B.N., Gold L.S., 2000. Paracelsus to parascience: the environmental cancer distraction, Mutation Research, 447, 3–13
Burney J.A., Davis S.J., Lobell D.B., 2010. Greenhouse gas mitigation by agricultural intensification, Proceedings of the National Academy of Sciences, p. 107, 12052-12057.
Ciliacò et al., 2017. The contribution to climate change of the organic versus conventional
wheat farming: A case study on the carbon footprint of wholemeal bread production in Italy, Journal of Cleaner Production 153 (2017) 309-319.
Muller A. et al., 2017. Strategies for feeding the world more sustainably with organic agriculture, Nature communications, DOI: 10.1038/s41467-017-01410-w (https://www.nature.com/articles/s41467-017-01410-w.pdf


Il documentato è uscito in origine su FreshPlaza







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