giovedì 9 maggio 2019

IL SOLE 24 ORE E IL DDL 988 SUL BIOLOGICO


di ROBERTO DEFEZ,  ALDO FERRERO, TOMMASO MAGGIORE e LUIGI MARIANI





Pubblichiamo qui di seguito la lettera a firma di Roberto Defez, Aldo Ferrero, Tommaso Maggiore e Luigi Mariani inviata al Direttore de  Il Sole 24 ore e alla giornalista Micaela Cappellini in risposta alle dichiarazioni contenute in un'intervista pubblicata su  Il Sole 24 Ore Online del 16 aprile scorso e che li chiamava in causa come partecipati al gruppo dei 400 che a suo tempo inviò un documento di approfondimento al Senato in relazione dal DDL 988 sul Biologico. Gli autori hanno chiesto che la lettera fosse pubblicata su Agrarian Sciences in quanto la stessa non risulta essere stata pubblicata da parte del quotidiano in questione.



18 aprile 2019

Alla c.a. del Direttore del Sole 24 Ore, dott. Fabio Tamburini

E, p.c., della dott.ssa Micaela Cappellini


Gentile Direttore,


abbiamo letto sul sito del Sole 24 Ore l'intervista (L’agricoltura biologica? È l’unica sostenibile (e non sono una no vax)) pubblicata il 16 aprile scorso, in cui la professoressa Claudia Sorlini contesta una precedente intervista alla prof.ssa Elena Cattaneo in cui si definiva l’agricoltura biologica una «favola bella e impossibile», e cita altresì un documento di approfondimento (qui) inviato al Senato nel mese di gennaio da 400 tra agronomi, ricercatori e docenti universitari. Anzitutto segnaliamo che, come sottoscrittori di quel documento, abbiamo deciso di costituire un’associazione denominata SETA (Scienze e Tecnologie per l'Agricoltura) ritenendo che non possa che essere delegato all'indagine e alle evidenze scientifiche il compito di dimostrare cosa e in che misura sia o non sia sostenibile. 


Al riguardo, leggendo il titolo dell'intervista, ci siamo domandati su cosa la prof.ssa Sorlini fondasse la convinzione di una maggiore sostenibilità del biologico rispetto all'agricoltura convenzionale e integrata. L’abbiamo capito dalla prima risposta, quella in cui si citano i cali di resa dall’8 al 25%. Tali cali, seppur segnalati in un articolo della prestigiosa rivista scientifica Nature, sono avulsi dall'esperienza di pieno campo in cui si muove chi, come noi, l’agronomia la fa ancora “con gli stivali”, constatando cali di resa ben più rilevanti. Come noi, in pieno campo ci vanno, ad esempio, gli agronomi dell’INRA (il francese Institut National de Recherche Agronomique) e quelli del Dipartimento per l’agricoltura statunitense (USDA) e il quadro costruito sulla base delle loro relazioni tecniche è perfettamente coerente con quello a noi noto. Più nello specifico, INRA segnala per il “biologico” francese cali di resa medi nazionali del 54% per il grano tenero, del 36% per il mais, del 55% per orzo, del 40% per triticale, del 43% per fava e pisello, del 51% per Colza, del 19% per girasole e del 15% per soia (Rapporto INRA 2013). Inoltre per gli Stati Uniti i dati del 2014 indicano cali di resa del 38% per frumento, del 32% per soia, del 35% per mais e orzo, del 74% per patata e del 42% per pomodoro (PLoS ONE 11(11): e0165851). 


E se i cali di resa sono tanto rilevanti per sistemi agricoli che sono oggi le “locomotive dell’agricoltura mondiale”, è chiaro che il biologico non è né potrà mai essere una soluzione ai problemi di sicurezza alimentare globale: se le rese sono la metà si ha bisogno del doppio della terra (di cui oggi non disponiamo) per raggiungere la stessa produzione e, inoltre, i prezzi saranno doppi o addirittura tripli, visto che non è solo un problema di scarse produzioni ma di maggiore necessità di manodopera per unità di prodotto. 


Se un’industria produttrice di scarpe ha costi di produzione doppi rispetto a un’altra il mercato saprà sicuramente riconoscerne la minore efficienza. Invece qui, grazie anche al ddl 988, si chiede che sia more solito la collettività a farsi carico dell’inefficienza. Già oggi, infatti, come richiamato anche dalla nota del Servizio studi del Senato che accompagna il disegno di legge in discussione (qui), i produttori biologici traggono dai sussidi pubblici il 45% del loro reddito netto contro il 30% dell’agricoltura convenzionale (fonte: Bioreport CREA 2017-2018 – pag. 24). In sostanza i cittadini pagano due volte: con prezzi al consumo doppi o tripli (eloquenti -da ultimo- le foto comparative dei prezzi pubblicate dopo una spesa al supermercato dalla stessa Sen.ce Cattaneo (qui)) e con sussidi pubblici che gravano sulle nostre tasse. Con il DDL 988 tale tendenza si rafforzerà pesando sulle spalle dei produttori agricoli che saranno costretti a versare ai produttori biologici il 2% del prezzo degli agrofarmaci e dei concimi di sintesi che acquistano per nutrire le loro colture e per difenderle dai loro nemici. 

A ciò si aggiunga che l’aver privilegiato il biologico con il DDL 988 comporterà una riduzione ulteriore del tasso di autosufficienza agro-alimentare del nostro Paese, che già oggi veleggia su valori inferiori al 70%, con allevatori e industriali costretti a rivolgersi all’estero per acquistare il 35% dei mangimi per il bestiame e il 50% del frumento per la pasta e il pane. 
Circa poi gli agrofarmaci, il biologico fa un uso massiccio di prodotti quali solfato e ossicloruri di rame, Azadiractina, Piretro e Spinosad che, come si può leggere sull'etichetta, “contiene un principio attivo tossico per le api” (qui). Si tratta di prodotti assai poco selettivi e che colpiscono indistintamente insetti, fauna acquatica, ecc. (per sincerarsene basta leggere le norme precauzionali riportate in etichetta!). Molto meglio sarebbe a nostro avviso puntare su prodotti sistemici a effetto curativo oppure sulla creazione, con tecniche di ingegneria genetica, di varietà resistenti alle malattie: tutte cose che il biologico attuale rifiuta in modo preconcetto. 

E si badi bene che la nostra non è una sterile polemica contro il biologico: se vi è una richiesta di mercato è giusto che imprenditori onesti si impegnino per soddisfarla. Sarebbe tuttavia da pretendere che l’organizzazione che raggruppa questi imprenditori (Federbio) non mirasse ad acquisire quote di mercato e a influenzare l’opinione pubblica accusando falsamente, come nella campagna "Cambia la Terra" (qui), di essere inquinatori e avvelenatori altri produttori che adottano tecniche di agricoltura convenzionale o integrata e che oggi coprono il 98% del fabbisogno alimentare globale. 
La professoressa Sorlini, poi, definisce il DDL 988 “una buona legge che recepisce le indicazioni che provengono dalle grandi istituzioni, che si pone nell'ottica di guardare al futuro e che intercetta istanze e bisogni di una parte crescente della popolazione”. 
Su questo dissentiamo nel modo più assoluto: si tratta a nostro avviso di una legge pessima perché mostra di ignorare 70 anni di progresso agricolo, sostituendo un sistema sementiero improntato alla garanzia per l’acquirente di purezza specifica, germinabilità e energia germinativa con un sistema fondato sulla "selezione partecipata" e sullo scambio di sementi fra gli agricoltori che noi reputiamo non tanto un ritorno al medioevo quanto al neolitico. Infine, l’idea di creare corsi di laurea in agricoltura biologica e biodinamica rappresenta una ferita enorme per il sistema di istruzione universitario in campo agrario, in quanto ignora che i nostri laureati sono già oggi in grado di praticare l’agricoltura biologica, e che corsi incentrati specificamente solo su di esso porterebbero i laureati ad ignorare gli ultimi 70 anni di progresso agricolo. Un po’ come se si iniziasse a istruire i medici a curare le malattie batteriche utilizzando i sulfamidici in luogo degli antibiotici. 
Gli argomenti riportati in questa lettera sono riportati in forma analitica dal gruppo SETA in un documento di confutazione (qui) delle tesi sostenute dai sei docenti per “la libertà nella scienza” di cui fa parte la prof.ssa Sorlini.



Roberto Defez 
(CNR Napoli)

Aldo Ferrero
(Università degli Studi di Torino)

Tommaso Maggiore e Luigi Mariani 
(Società agraria di Lombardia e Università degli Studi di Milano - Disaa)


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