mercoledì 30 ottobre 2019

LA LEGGE ITALIANA PER LA TUTELA DEL SUOLO CHE NON C’E’ - Intervista all’ex ministro Mario Catania che è stato il primo in Italia a predisporre un disegno di legge in materia di tutela del suolo. “Ci ho provato con tutte le mie forze ma ho incontrato troppe resistenze”


intervista di ERMANNO COMEGNA 


L' ex Ministro dell' agricoltura Mario Catania 

Da alcuni anni è in atto un tentativo in Italia per introdurre una legge nazionale a tutela del suolo agricolo e porre sotto controllo il fenomeno di drammatica erosione delle risorse fondiarie che, alla lunga, compromettono la solidità e il livello competitivo del sistema agricolo ed alimentare del nostro paese. 

Il primo a lavorare in tale direzione è stato l’ex Ministro Mario Catania, già dirigente apicale del Ministero per le Politiche agricole, esponente di punta della Rappresentanza Permanente dell’Italia a Bruxelles, negoziatore in diversi cicli della riforma della politica agricola comunitaria, nonché parlamentare.

La prima domanda che abbiamo chiesto a Catania come è sorta la sensibilità e l’attenzione per il tema della salvaguardia del suolo agricolo.
“Sono stato per tanti anni dirigente e capo dipartimento al MIPAAF e quindi ho avuto più volte l’occasione di studiare i grandi cambiamenti dell’agricoltura italiana. Sono rimasto colpito dal fenomeno della violenta riduzione della superficie agricola del nostro paese che c’è stata dagli anni 50 e agli anni 80 e che continua anche oggi, sebbene ad un ritmo meno impetuoso. Le statistiche ufficiali parlano chiaro e dicono che dai 18 milioni di ettari che erano disponibili per l’agricoltura negli anni 50, oggi ne sono rimasti poco più di 12. Abbiamo perso una porzione importante della risorsa produttiva di base del settore primario e questo fenomeno acuisce gli altri problemi strutturali con i quali l’agricoltura deve confrontarsi. Ho percepito che alla base del fenomeno vi fossero due elementi. Il primo specifico per le aree interne e marginali del nostro paese, dove la perdita della disponibilità di suolo agricolo è ascrivibile all’abbandono del territorio, allo spopolamento delle aree rurali ed alla riforestazione di zone non più curate dall’uomo. Il secondo fattore scatenante è la inarrestabile cementificazione che ha sottratto agli usi agricoli circa 1,5 milioni di ettari di superfici produttive e ad alta potenzialità. Ho notato infatti che la cementificazione riguarda in particolare i terreni che sono ottimali per la produzione agricola, con particolare riferimento a quelli di pianura.”


Come mai per decenni la questione della sottrazione dei terreni agricoli è stata ignorata o sottovalutata?
“Probabilmente si è guardato eccessivamente alla evoluzione della produzione agricola, in termini di quantità e di valore e siccome entrambe le variabili crescevano, non si è fatto caso al fenomeno del cambio di destinazione dei terreni verso utilizzi improduttivi. Non bisogna dimenticare infatti che tra gli anni 50 e gli anni 80, c’è stato un sostanziale aumento della produttività in agricoltura che ha verosimilmente ingannato anche gli osservatori più attenti”.

È sempre più frequente che gli agricoltori italiani, anche spalleggiati dall’opinione pubblica si ribellino ai fenomeni di occupazione permanente delle superfici agricole. In molti casi, si arrecano danni alle imprese e ai proprietari dei fondi che risultano superiori agli indennizzi percepiti. Come si spiega questo fenomeno?
“I tecnici parlano di sprawling che è legato ad una espansione urbanistica e delle infrastrutture che è poco razionale e tale da arrecare danni alla logistica ed alla organizzazione delle imprese agricole, con l’aggravante che in tal modo si consuma più suolo rispetto a quello che sarebbe strettamente necessario. Più volte durante gli anni della mia attività professionale al Ministero, mi è capitato di affrontare le problematiche connesse alla sottrazione delle superfici agricole al settore primario. Ho cercato di approfondire la questione anche studiando il comportamento di altri Paesi membri dell’Unione Europea. In Germania esiste una norma nazionale che introduce il principio di porre dei limiti al consumo del suolo e attribuisce ad ogni Lander delle percentuali di edificabilità massima che possono utilizzare. È una maniera per responsabilizzare gli enti locali alla limitazione dell’utilizzo delle superfici agricole per nuove edificazioni e per infrastrutture di varia natura. La stessa Unione Europea, unitamente alle organizzazioni internazionali delle Nazioni Unite, è attiva nel campo della difesa del suolo e del patrimonio ambientale e paesaggistico. Le istituzioni europee hanno individuato l’obiettivo di azzerare il consumo di suolo netto entro il 2050”. 


Quali sono gli elementi essenziali della proposta di legge da lei presentata?
“Il testo è stato presentato al Consiglio dei Ministri nella primavera del 2012. Era ispirato agli stessi principi guida della legislazione tedesca con l’aggiunta di qualche ulteriore elemento. Cosi ad esempio era previsto il divieto, per un certo numero di anni, di sottrazione dalla destinazione agricola delle superfici che percepiscono gli aiuti della PAC. Inoltre proponevo di abolire la norma che consente agli enti locali di utilizzare gli oneri di urbanizzazione per coprire le spese correnti del bilancio. Si tratta in maniera esplicita di una disposizione che incoraggia i Comuni a favorire l’urbanizzazione per incassare di più e per risolvere magari qualche problema di natura contabile.
Il dibattito politico sulla mia proposta è durato diversi mesi e strada facendo sono arrivati i contributi di alcuni parlamentari, anche di diverso schieramento politico, i quali hanno arricchito alcuni aspetti del Disegno di Legge, come la spinta verso la riqualificazione del costruito esistente, in maniera da pesare meno sulle risorse naturali”. 

Quale è stato l’iter politico della sua proposta legislativa e qual è la situazione oggi a distanza di 7 anni?
“Il Governo Monti, all’interno del quale ricoprivo la responsabilità del dicastero agricolo, ha accolto con favore e con un diffuso sostegno la mia proposta. Lo stesso non è accaduto nelle aule parlamentari, all’interno delle quali si è fatta presto sentire la pressione degli interessi legati alla filiera del cemento e dell’edilizia. Nonostante le difficoltà, il Disegno di Legge è andato avanti, è stato acquisito il parere della Conferenza Stato-Regioni e presentato al Parlamento nell’autunno del 2012. Purtroppo era troppo tardi, perché la legislatura è finita in anticipo e quindi non c’è stata la possibilità della approvazione del testo. Mi preme ricordare come sia stata la prima volta che un Governo ha assunto l’iniziativa di presentare un Disegno di Legge in materia di tutela del suolo agricolo che, peraltro, è stato accolto con interesse dalle organizzazioni agricole ed ambientaliste”.

Cosa è successo dopo la fine della legislatura ed il termine della sua esperienza di Ministro dell’Agricoltura?
“Sono diventato parlamentare nella legislatura che è iniziata nel 2013 ed è terminata nel 2018. Uno dei primi atti che ho compiuto è stato quello di ripresentare il testo come proposta di Legge. Non sono stato l’unico perché altri colleghi parlamentari hanno depositato analoghi provvedimenti. Sono cosi iniziati i lavori e le diverse proposte pervenute sono state assegnate alle Commissioni congiunte Agricoltura e Ambiente. Devo constatare come i lavori parlamentari siano andati avanti a rilento, anche perché c’erano delle resistenze trasversali e delle diffuse opposizioni rispetto agli strumenti di difesa del suolo agricolo che si volevano istituire. Non ci sono solo i parlamentari che hanno a cuore gli interessi dell’agricoltura e la tutela ambientale, ma anche chi guarda verso altre direzioni e considera un intralcio qualsiasi regolamentazione di legge per l’utilizzo dei terreni. Nonostante i tanti ostacoli si è arrivati ad un testo unificato che è stato portato in aula ed approvato, per poi passare al Senato, dove però non ha compiuto decisivi passi in avanti ed il tutto si è arenato. Nel frattempo si conclude la legislatura ed inizia quella attuale, nel corso della quale sono stati ripresentati altri testi che tendenzialmente si ispirano al lavoro fatto in precedenza. Purtroppo anche questa volta il processo procede con una certa lentezza”.

Rispetto agli altri Paesi dell’Unione Europea, come è posizionata l’Italia in relazione alla questione dell’utilizzo verso altri scopi del suolo agricolo?
“Dopo Belgio e Olanda, siamo il terzo paese con il più elevato tasso di cementificazione a livello europeo. Il dato italiano si attesta intorno all’8% sul totale della superficie. Percentuale questa che però non considera un aspetto peculiare del nostro paese. L’Italia infatti registra una elevata percentuale di zone di alta collina e di montagna, nelle quali è impossibile esercitare l’attività agricola. Se dovessimo calcolare il tasso di cementificazione, tenendo conto di questo dato, scopriremmo probabilmente che l’Italia si colloca alla prima posizione tra i paesi europei per l’intensità di utilizzo dei terreni agricoli per scopi urbanistici e infrastrutturali”.

Quali effetti positivi sulla tutela dei terreni agricoli potrebbe esercitare una legge nazionale in materia?
“Direi che avremmo un impatto positivo duplice, a favore della competitività del nostro sistema agricolo e della potenzialità produttiva delle aziende. Oggi l’Italia è un paese non autosufficiente per quanto riguarda la capacità di produrre materie prime agricole destinate all’alimentazione umana ed animale. Leggo che riusciamo a produrre circa il 70% del nostro fabbisogno. Il resto lo importiamo dagli altri Paesi membri dell’Unione Europea e dal resto del mondo. La regolazione del consumo dell’uso del suolo consente di salvaguardare tale risorsa per la destinazione agricola ed ha un effetto positivo per la struttura e l’organizzazione delle aziende. Viceversa se continuassimo a cementificare il territorio agricolo, aumenterebbe la necessità di rivolgersi all’estero per gli approvvigionamenti. Chi ci dice che sarà sempre possibile importare in modo semplice ed a costi ragionevoli? Aggiungo, inoltre, che non esistono solo vantaggi per l’agricoltura, ma anche per l’interesse generale. Proviamo a pensare per un attimo a considerazioni di tipo ambientale e paesaggistico. È evidente a tutti come la cementificazione irrazionale ed incontrollata produca effetti indesiderati, rendendo fragile il territorio e più esposto all’impatto dei fenomeni naturali, i quali peraltro oggi si presentano con intensità e frequenza più elevate rispetto al passato”.

Direttore de: I Tempi della Terra

1 commento:

  1. Mi piacerebbe chiedere all'ex-ministro Catania quanti dei sei milioni di ettari prima coltivati, ma ora abbandonati, e che le statistiche definiscono afferenti all'attività agricola, sono certificati come superfici biologiche e ricevono contributi pubblici

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