lunedì 18 luglio 2016

La resistibile ascesa di Carlo Petrini


The resistible rise of Carlo Petrini 

di LUIGI MARIANI


Petrini, Martina, Farinetti.
Riassunto

Carlo Petrini si fa da anni portatore di un'ideologia elitaria, reazionaria, antiscientifica e antitecnologica, in grado qualora applicata in modo esteso di trasformare lo sviluppo agricolo cui si sono avviate tante aree del mondo in arretratezza e carestia globale.
Come fare infatti a pretendere di sfamare una popolazione mondiale composta di oltre sette miliardi di abitanti rinunciando a gran parte delle tecnologie messe a punto in secoli di ricerca scientifica e ripiegando su prodotti di nicchia come il lardo di Colonnata, la lenticchia di Ustica, la fragola di Tortona, il peperone quadrato d'Asti o la tinca gobba dorata del Pianalto di Poirino?
L'ideologia di Petrini si basa su una lettura selettiva della storia dell'agricoltura volta ad evidenziarne solo i tratti positivi della tradizione ed escludendo quelli più negativi (scarsità di risorse, assenza di diritti per la larghe fasce della popolazione, fame, malattie). L'obiettivo di tutto ciò è una palingenesi dei nostri sistemi sociali che, come in un dozzinale libro di fantascienza, dovrebbero regredire a società arcaiche con i loro miti, i loro riti, le loro pratiche agricole e le loro comunità del cibo composte di pescatori, agricoltori, allevatori, cuochi e osti.
Accolto nei salotti buoni della sinistra progressista, vezzeggiato dalle destre, ispiratore dell'Enciclica Laudato Si, è stato ora chiamato dalla FAO, con una scelta che riteniamo profondamente errata, a testimone della campagna Fame Zero in Europa.
In questo articolo cerchiamo di indagare le ragioni di questa ascesa, ampiamente resistibile in quanto il pensiero di Petrini è da anni espresso in forma compiuta e sottoposto da più parti ad una critica serrata, senza che ciò abbia fin qui suscitato un moto di ripulsa da parte degli organismi nazionali e internazionali che sono oggi garanti della sicurezza alimentare globale.

Abstract

Carlo Petrini is the bearer of a reactionary, anti-scientific and anti-technological ideology which, if extensively adopted, would be able to change the agricultural development into backwardness and global famine.

How to feed a world with seven billion inhabitants if most of the technologies coming from centuries of scientific research will be abandoned and our attention will be only focused on niche products such as the lard of Colonnata, the lentils of Ustica, the strawberries of Tortona, the squared pepper of Asti or the gold tench of Pianalto Poirino? 
The ideology of Carlo Petrini is based on the selective reading of the history of agriculture aiming to highlight only the positive traits of tradition and to exclude the most negative ones (lack of resources, slavery, lack of rights for large part of population, hunger, diseases). The final goal of this ideology is substantially palingenetic and worthy of a bad science fiction book: the regeneration of the social system by transforming it into a rural archaic society with myths, rites, farming practices and food communities composed of fishermen , farmers, breeders, chefs and innkeepers. 
Welcomed in the salons of the progressive left, fondled by the right, inspirer of the Encyclic Laudato Si of Pope Francis, Carlo Petrini has been recently named Special Ambassador of the FAO for the Zero Hunger initiative for Europe. In this article we try to investigate the reasons for the success of the Petrini's ideology, widely resistible because the thought of Petrini was since years expressed in his almost complete form and already criticized by some experts. Unfortunately, however, a lot of national and international organizations that are the guarantors of the global food security are accepting the ideology of Petrini. This fact is strongly disappointing and potentially dangerous for global food security.


L’antefatto

Il comunicato stampa del 26 maggio 2016 e che può essere letto (qui) annuncia che La FAO, Agenzia delle Nazioni Unite per il cibo e l’agricoltura, ha nominato Carlo Petrini proprio ambasciatore Speciale in Europa per l’iniziativa Fame Zero. A detta del comunicato stampa la carica è stata conferita in virtù dei meriti nel campo della salvaguardia della cultura e delle tradizioni culinarie locali, e per assicurare che tutti abbiano accesso ad un cibo buono, pulito ed equo. Dal comunicato stesso si apprende anche che “Il Direttore Generale della FAO José Graziano da Silva ha lodato il contributo di Petrini nell'accrescere la consapevolezza dell’opinione pubblica europea circa l’importanza di migliorare l’agricoltura e di assicurare catene di approvvigionamento sostenibili. Questo include le numerose iniziative che hanno messo in evidenza l’importanza di reintrodurre colture locali che i piccoli proprietari terrieri e i contadini di sussistenza possono produrre per il proprio consumo e vendere al mercato come mezzo per raggiungere la sicurezza alimentare”. Da Silva ha infine affermato che "La nomina di Petrini e il suo coinvolgimento in attività di sensibilizzazione della FAO manderà un forte segnale alla comunità internazionale in merito al fatto che si possa veramente raggiungere un mondo senza fame, il che contribuirà a costruire la Generazione Fame Zero e a porre fine alla fame entro il 2030”.
Dal comunicato stampa si apprende anche che la nomina di Petrini fa seguito all’accordo del 2013 fra FAO e Slow Food, in virtù del quale le due organizzazioni hanno iniziato a cooperare per promuovere sistemi agro-alimentari inclusivi e hanno partecipato congiuntamente ad campagne promozionali e iniziative globali, tra le quali  l’Anno intenzionale dell’Agricoltura familiare 2014 e l’Anno internazionale dei legumi 2016.

Un commento sconfortato

La notizia è davvero sconfortante per chi come noi crede nel progresso dell’agricoltura. Ciò alla luce delle idee di Petrini in tema di agricoltura che qui di seguito riassumiamo:

- rifiuto dell’innovazione nel settore della genetica vegetale e animale (se una razza o varietà ha meno di cinquant’anni è ritenuta qualcosa di satanico e dannoso per l’agricoltura e l’ambiente)

- rifiuto dell’innovazione nel settore delle tecniche colturali: i “concimi chimici” isteriliscono i suoli è uno degli slogan preferiti di Petrini,

- rifiuto dei fitofarmaci moderni: credo che la visione di Petrini non vada oltre il solfato di rame ….

- rifiuto dell’agricoltura intensiva: la moderna maiscoltura da cui in Italia dipendono ad esempio i due formaggi grana e i prosciutti di Parma e San Daniele è per lui un obbrobrio da cancellare perché distruggerebbe la fertilità e la biodiversità

- rifiuto della zootecnia intensiva: occorre tornare alle razze tradizionali e all’allevamento estensivo

- rifiuto del commercio in favore delle agricolture di prossimità

- rifiuto della globalizzazione in favore delle difesa ad oltranza delle peculiarità e tradizioni locali (varietà, tecniche colturali, ecc.).

- valorizzazione di prodotti di nicchia con caratteri di eccellenza, da vendere a prezzi stratosferici a ricchi borghesi cittadini

- sostegno a tutte le forme di agricoltura a base “magica” in tutte le loro molteplici forme, che vengono giudicate da Petrini come le più pure

- ricorso agli orti familiari per risolvere il problema alimentare che affligge molti paesi africani.

Il tutto inserito in uno schema ideologico che vede le multinazionali come un nemico da battere e mai come una risorsa da utilizzare al fine di portare sviluppo.

Pur essendo la lista sopra riportata tutt’altro che esaustiva, da essa emerge in modo evidente che con tutti questi rifiuti diviene impensabile garantire sviluppo agricolo e di conseguenza sicurezza alimentare, per cui aver nominato ambasciatore di FAO per l’iniziativa “Fame zero” il portatore di una tale “cultura del rifiuto” è veramente preoccupante. Ciò anche alla luce del fatto che la FAO è un organismo nato per essere un punto di riferimento razionale e non ideologico per chi si occupa di agricoltura.

Occorre peraltro dire che le idee di Petrini sono note da anni all’opinione pubblica, per essere state ad esempio espresse in forma compiuta ai meeting internazionali della fondazione Barilla tenuti in Bocconi negli anni precedenti all’Expo, cui la FAO partecipò e di cui i media dettero ampi reportage. Inoltre Petrini è ospite fisso di Repubblica ove ha modo di esprimere fino in fondo le sue oscurantistiche visioni.

E qui occorre dire che se alcuni dei concetti espressi da Petrini non possono essere rifiutati a priori (se un imprenditore agricolo riesce a far fruttare una nicchia è tanto di guadagnato per lui) non è tuttavia trasformando l’intero settore agricolo in nicchia che si riuscirà a dare sicurezza alimentare e dunque spaventa l’idea di Petrini di voler far assurgere a sistema un simile programma.


Un’ascesa resistibile

Il programma di Petrini vanta moltissimi adepti fra cui ricordiamo papa Francesco (molti passi dell’Enciclica Laudato sono ispirati da Petrini che di ciò si è pubblicamente vantato), i coniugi Obama (che l’hanno ospitato alla casa Bianca), il ministro Martina (che alla petriniana Università del Gusto ha tenuto fra l’altro un meeting dei Ministri agricoli europei).

Come spiegare una tale infatuazione da parte di autorità che hanno a loro disposizione enti di ricerca (penso alla facoltà d’agraria dell’Università cattolica, all’Usda, al Crea, ai ricercatori che operano presso la FAO) perfettamente in grado di offrire valutazioni allo stato dell’arte sui temi tecnologici, sociali ed economici connessi alla sicurezza alimentare globale?

Com’è possibile dunque che alcuni dei maggiori leader mondiali sentano i bisogno di affidarsi alle capacità affabulatorie e istrioniche di un personaggio come Petrini? A mio avviso il fenomeno da un lato è sintomatico della crescente rozzezza che affligge le elites cui è affidato il nostro futuro e dall’altro è indice della progressiva marginalizzazione sociale ed economica del settore agricolo. Su quest’ultimo tema rilevo che l’incapacità del settore agricolo di dialogare con il resto della società fa sì che prendano piede patrocinatori e tribuni, che senza nulla conoscere del sistema cui fanno riferimento, imboniscono il pubblico urbano con una pletora di slogan il più delle volte falsi. Si tratta d’altronde di una marginalizzazione che viene da lontano e che per quanto riguarda l’Italia è possibile forse far risalire al referendum del 1993, in cui i nostri concittadini dettero il loro assenso all’abolizione del Ministero dell’Agricoltura e delle Foreste (qui) dimostrando con ciò in quale considerazione tenessero il nostro settore primario.

A testimonianza di tale cultura deteriore porto anche lo scritto di Michele Serra apparso su la Repubblica del 16 aprile 2016: “«Il piacere è un diritto di tutti, non solo dei ricchi», dice Carlo Petrini festeggiando i trent’anni di Slow Food. Non credo esista una frase più autenticamente e profondamente democratica, più di sinistra. Di conseguenza l’equivoco sull’elitarismo di Slow Food, e più in generale sullo “snobismo” di chi, in epoca di massificazione, si batte per la qualità e la bellezza, è schiettamente di destra. Niente è più classista che ritenere le masse immeritevoli, in quanto tali, di un salto di qualità. Il populismo è antipopolare: benedicendo il popolo “così com’è” gli nega il diritto all’emancipazione, alla cultura e al piacere. Petrini è la smentita vivente dello stupido luogo comune sul radicalismo come vezzo intellettuale delle élite. È radicale, ma non è per niente chic. È un contadino. Dei contadini ha l’eleganza ruvida e l’assenza di fronzoli nelle relazioni umane. È socialista: difende le comunità agricole del pianeta dalla morte sociale e dalla morte identitaria (esiste anche la biodiversità delle persone), le mette in rete, con Terra Madre ha creato una vera e propria Internazionale contadina, migliaia di ragazzi (soprattutto ragazzi) che credono nel lavoro, nella natura, nello spirito di comunità. È uno dei pochissimi casi nei quali la sinistra ha vinto. Anche per questo leviamo il calice.

E qui il fatto che si possa fare assurgere a icona della sinistra un personaggio e un movimento che sono portatori di un’ideologia “antiprogressista, antiscientifica, che esalta le società tradizionali, le piccole comunità stratificate e perenni in cui il posto di ognuno è eternamente fisso e immutabile, incurante e ignaro della storia e della realtà dei rapporti di produzione e dunque incapace di vedere le contraddizioni inestricabili e le autentiche finzioni storiche di cui l’ideologia stessa è intessuta”1 la dice lunga circa il livello di ottundimento cui la sinistra nazionale è giunta.
Per par condicio voglio tuttavia segnalare che la destra non è stata fin qui da meno e in tal senso ricordo l’enorme spazio avuto da Petrini nell’organizzazione di Expo, con la sindaca Letizia Moratti che nel 2009 lo volle a introdurre la sessione centrale degli Stati generali di Expo qui).
Occorre infine ricordare che l’ascesa di Carlo Petrini è stata colpevolmente assecondata anche dal nostro mondo accademico. Non possiamo infatti dimenticare la laurea magistrale honoris causa in Scienze e Tecnologie Agrarie conferitagli nel 2008 dall’Università degli Studi di Palermo (qui) con una decisone che ha dell’incredibile in quanto riferita a un individuo che sostiene le tesi elencate all’inizio di questo scritto e che sono la negazione assoluta di secoli di cultura agronomica.

La vocazione totalizzante dell’ideologia petriniana

In sostanza dunque la FAO non ha fatto altro che seguire la moda che indica in Petrini  un contadino e come tale un portavoce del settore agricolo, il che non sarebbe di per sé un male se non si trattasse di un falso (se Petrini è un contadino io sono Napoleone) e se le idee che Pertini propone non fossero oscurantiste al punto che, qualora portate a compimento, sarebbero in grado di distruggere una struttura economico-sociale frutto di diecimila anni di storia e di trasformare in fame nera quella sicurezza alimentare che secondo dati FAO nel 2015 interessa l’89% della popolazione umana contro il 65% del 1970. E’ noto d’altronde che quando Dio vuol perdere qualcuno prima lo rende cieco e mi pare che l’accecamento che si riscontra a livello nazionale e internazionale nei confronti dell’ideologia petriniana sia sintomo del fatto che un tale processo è oggi in atto.
Che fare dunque per fermare la resistibile ascesa? Francamente la vedo dura anche perché vedo Petrini e la sua organizzazione sempre meglio inseriti negli ambienti politici regionali, nazionali e internazionali.

Concludo questa mia analisi segnalando che la vocazione totalizzante dell’ideologia petriniana fa si che essa non limiti la propria attenzione all’agricoltura e al cibo ma la estenda progressivamente ad altri settori di interesse socio-economico. Ad esempio in campo medico ha fatto la sua comparsa la Slow medicine che fra l’altro rivaluta l’effetto placebo come strumento di cura; e qui fate un po’ come vi pare ma per quel che mi riguarda se ho il mal di testa assumo un analgesico, non un placebo della medicina slow. 


Ringraziamenti

Ringrazio di cuore l’amico agronomo Francesco Marino per gli utilissimi suggerimenti che mi ha offerto in sede di redazione di questo lavoro.

Riferimenti bibliografici
Luca Simonetti, 2010. Mangi, chi può. Meglio, meno e piano. L’ideologia di Slow Food, Mauro Pagliai editore, ISBN: 9788856400922, 120 pp.
Luca Simonetti, 2010. L’ideologia di slow food - first draft, 32 pp. (disponibile al sito www.salmone.org).

1 Queste parole sono mutuate dallo scritto “L’ideologia di slow food” di Luca Simonetti (2010), scritto di cui mi ha colpito per l’acuto e analitico spirito critico nei confronti del fenomeno Petrini-Slow food. Penso che un'analisi come quella di Simonetti dovrebbe aiutare i più a evitare di cadere nella “trappola” ideologica di Slow food.



Luigi Mariani
Docente di Storia dell' Agricoltura Università degli Studi di Milano-Disaa, condirettore del
Museo Lombardo di Storia dell'Agricoltura di Sant'Angelo Lodigiano. E' stato anche Docente di Agrometeorologia e Agronomia nello stesso Ateneo e Presidente dell’Associazione Italiana di Agrometeorologia.


 

8 commenti:

  1. Grazie, grazie, grazie Luigi per questo grande articolo e per lo sforzo che continuamente fai per far ragionare su concetti che potrebbero anche apparire banali e scontati alla collettività.

    Purtroppo, invece, si assiste sempre più all'invasione dialettica dei luoghi comuni e del falso buonismo che porta ad ubriacare l'opinione pubblica su concetti che sono chiaramente l'antitesi del benessere e dello sviluppo che gli enormi sforzi prodotti nel recente passato hanno consentito di conquistare anche a Paesi notoriamente poveri di materie prime come appunto l'Italia.

    Un parallelo, per fortuna meno grave di quello da te egregiamente messo in evidenza - cioè le miserevoli condizioni di vita e la fame soprattutto nei troppi Paesi poveri e sottosviluppati del mondo - è quello dell'energia, peraltro volano fondamentale appunto per aiutare quel terzo della popolazione mondiale che vive in tali miserevoli condizioni, ad uscire dal loro sottosviluppo. Ma per fare questo occorrerebbe un nuovo "Piano Marshall" (in questo caso dell'energia, per aiutare tali Paesi a raggiungere quel benessere e sviluppo che, invece, alcuni profeti qui da noi stanno cercando di farci perdere, peraltro a costi incredibilmente alti per la collettività!

    Sveglia Italia, che è ora di rialzarsi in piedi, per ricominciare a camminare e poi, eventualmente, per correre a recuperare il tempo perduto.

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    1. Caro Rinaldo, ti ringrazio per la tua riflessione e per l’invito alla fattività.
      Purtroppo i segnali sono davvero scoraggianti e in proposito ti invito a leggere quanto ha scritto oggi Guido Guidi su CM (http://www.climatemonitor.it/?p=41842) a proposito di finanziamenti allo sviluppo in Africa da parte della UE, che parrebbe aver destinato propri fondi allo sviluppo dell’orticoltura in Africa. A tale riguardo devo precisare che non ho niente contro gli orti ma le popolazioni africane fanno orticoltura da millenni e spesso ad altissimo livello, per cui non vedo come possiamo essere loro d'aiuto. Invece c'è uno spazio enorme per creare un tessuto di piccole e medie aziende agrarie per far finalmente decollare la produzione di cibo, e qui mi riferisco alle grandi commodities come riso, frumento, mais, sorgo, che decollano solo se si impiegano mezzi tecnici adeguati (sementi, concimi antiparassitari, ecc.), proprio quello che le lobby ambientalistiche vedono come fumo negli occhi. E temo che queste lobby sono le stesse che fissano le politiche di coopera zone allo sviluppo in campo energetico.

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  2. Alessandro Cantarelli21 luglio 2016 alle ore 19:17

    Alcune considerazioni
    La prima: nel comparto agrario non si sosteneva che in Italia vi era un eccessivo numero di Facoltà di Agraria e che nel merito, vi è stata nel tempo una scarsa efficienza nell’allocazione delle risorse?
    Al ministro dell’agricoltura, non dovrebbero essere perciò mancate le opportunità di scelta dove tenere i propri meeting… Ed invece, in barba a tutte, si reca in quel di Pollenzo (Cn), ossia (Wikipedia) il “…centro internazionale di formazione e ricerca per una nuova agricoltura sostenibile”. Che scarsa considerazione per la ricerca e l’istituzione universitaria italiana (quasi a vergognarsene)! A proposito: è forse stato in quell’incontro con i suoi colleghi europei, che al ministro Martina è venuta la mirabile idea di istituire corsi sull’agricoltura biodinamica presso le Facoltà di Agraria (proprio quelle istituzioni sistematicamente ignorate nel dibattito agrario nazionale)?
    E gli oltre venti Presidi di Facoltà non avranno nulla da obiettare in proposito?
    La seconda, sull’Enciclica: come abbia potuto il Papa, in alcuni ed evidenti passaggi, non ritenere i pareri di tanti autorevoli scienziati cattolici, come quelli delle Università Cattoliche nel mondo e della Pontificia Accademia delle Scienze, rimane un mistero (non della fede).

    La terza: ben detto della sciagurata scelta del 1993 di abolire il MAF. Si consideri però che non molto tempo fa, parte significativa della rappresentanze agricole (Agrinsieme), hanno proposto di creare un ulteriore ministero dedicato all’agroalimentare. Ma se è opinione diffusa che in Italia gli Enti ed i Ministeri siano fin troppi, invece di accorpare quelli che eventualmente già si hanno in dote (come il mal-tollerato MIPAF), se ne vorrebbero creare degli altri? Mah!

    La quarta: il modello agricolo che viene proposto dai media è quello edulcorato stile fattoria del “Mulino Bianco” (Barilla), che tanto si addice ad una nuova categoria di possidenti terrieri, quali ad es. il “toscano” Elton John oppure, per spostarsi invece in ambito parlamentare pur rimanendo nella stessa zona, l’on. Cirinnà, con la sua fattoria a Capalbio in compagnia di cani ed asinelli (leggo sul suo sito). Le caprette le faranno ciao?
    Quante battaglie per convincere i più che la natura è alterata dalla presenza degli ogm, ma guai a dirlo per gli umani ottenuti da una maternità surrogata, tanto più se di una coppia omosessuale.
    Con questo, senza volere sminuire i modelli proposti dall’altra parlamentare eco-animalista on. Brambilla.
    Scontata, immagino, l’opinione della sen. Fattori in materia: continua tutt’oggi a polemizzare contro i “sedicenti scienziati” che sostengono l’opzione biotecnologica in agricoltura, nonostante sia stata sonoramente sbugiardata in Parlamento per il “caso Infascelli”, peraltro da una sua collega senatrice (scienziata vera, non pataccara). Torna in mente una battuta di Fortebraccio rivolta all’on. Tanassi:“ per l’evidente mancanza dell’oggetto, in vita sua non deve avere mai avuto il mal di testa”.
    Gli agricoltori che attualmente stanno tirando la cinghia ma che, ostinatamente, non si sono ancora convertiti alle ragioni del “naturale”, meditino bene prima di cercare capri espiatori nei massimi sistemi. Forse sarebbe il caso che si chiedessero, se coloro che li dovrebbero rappresentare (sindacamente e politicamente), lo facciano con la dovuta determinazione e con quale politica agraria.

    Gli americani. Chi avesse visitato il loro padiglione ad EXPO, avrà ricavato che si sono ben guardati dall’informare sulle politiche e strumenti puntare per incidere efficacemente sui futuri equilibri e tensioni mondiali (la popolazione mondiale nel 2050 sarà di oltre 9 miliardi): altro che l’orto della Casa Bianca con il cavolo nero, in onore all’Italia, amorevolmente innaffiato dalla sig.ra Michelle (ricordo il simpatico poster). E faccio notare che non erano presenti con i loro padiglioni né l’Australia né il Canada: due nazioni che proprio in questi giorni, in campagna, stiamo imparando molto bene il loro peso sul prezzo dei cereali…
    Continuiamo così che andiamo lontano.

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  3. Alessandro, “il toscano” a cui tu fai riferimento non è Elton John ma Sting, molto “apprezzato sindacalmente” per la sua proposta, raccogliere olive e uva a pagamento. “ E’ la curiosa proposta offerta dalla popstar Sting, . Sting offre la possibilità di vendemmiare nella sua tenuta “il Palagio”, sulle colline intorno a Firenze, pagando una cifra di 208 sterline (262 euro) al giorno. In sostanza Sting, la cui terra toscana gli ha consentito persino l’apertura di un negozio per venderne i prodotti, ha bisogno di una mano per il raccolto. Ma il privilegio di lavorare a casa sua, in uno scenario di vigneti e cipressi, ha un costo...” E' il lavoratore che paga il datore, come non averci pensato prima!

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  4. Alessandro Cantarelli22 luglio 2016 alle ore 08:11

    Hai ragione Francesco, ho commesso un involontario refuso tra i due artisti "extracomunitari". John e' approdato in Veneto...

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  5. Speriamo che almeno John i lavoratori li paghi :)..

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  6. Carissimo prof. Mariani,
    penso che ciò che è accaduto nella Fao con la nomina di Petrini sia il frutto del convincimento che è possibile giungere alla “FAME ZERO” attraverso un economia di libero mercato.
    Infatti sia Petrini che le Multinazionali agiscono all’interno del libero mercato che, come noto, è un mercato in cui i prezzi di beni e servizi sono raggiunti esclusivamente dalla mutua interazione di venditori e acquirenti. Per definizione, nel libero mercato venditori e acquirenti non si forzano o ingannano a vicenda, né sono forzati da una terza parte.
    Petrini è figlio del libero Mercato.
    Invece per l’obiettivo “FAME ZERO”, a mio sommesso parere, c’è bisogno della programmazione economica come la che famiglia compie attività di tal genere nella misura in cui colui o coloro che la guidano stabiliscono i modi e i tempi in cui spendere i redditi correnti e futuri, nonché gli scopi che con quelle spese ci si prefigge di raggiungere.
    Cari saluti
    Antonio Bruno
    Spiego meglio qui: http://centrostudiagronomi.blogspot.it/2016/05/la-mia-idea-e-che-acqua-e-cibo-siano-un.html

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